Roma «I rom devono avere gli stessi diritti e doveri degli altri cittadini italiani». E poi: «I campi rom sono un modello di segregazione, sfruttamento e isolamento». E ancora: è «discriminatoria qualsiasi soluzione abitativa di grandi dimensioni diretta esclusivamente a persone appartenenti a una stessa etnia». Due sono frasi di Matteo Salvini, una della Seconda sezione del tribunale civile di Roma. Non fosse per il giuridichese, che si coglie nella terza frase, verrebbe da dire che a modo loro anche i giudici hanno messo in moto la ruspa.
La sentenza è dello scorso 30 maggio, ma la notizia è stata diffusa ieri dalla «21 luglio», un'associazione che, a differenza di tante altre interessate più ai lauti fondi per l'emergenza nomadi, si batte per i diritti dei rom. Insieme all'Asgi, Associazione studi giuridici sull'immigrazione, ad Amnesty e ad altre associazioni, hanno fatto causa al Comune di Roma già nel 2012, quando venne costruito il grande campo in località La Barbuta destinato a ospitare famiglie sfollate da altri insediamenti non autorizzati. Dopo una lunga battaglia e pronunce a senso alterno sulla sospensiva, le associazioni hanno ottenuto una vittoria nel merito. Il giudice, ha riconosciuto «il carattere discriminatorio di natura indiretta della complessiva condotta di Roma Capitale», in particolare «nell'assegnazione degli alloggi del villaggio attrezzato La Barbuta». Il tribunale ha dunque ordinato al Comune di Roma «la cessazione della suddetta condotta nel suo complesso, quale descritta in motivazione, e la rimozione dei relativi effetti». Tradotto, il campo deve essere chiuso. Ma per l'associazione c'è di più: per la prima volta, un giudice ha riconosciuto che realizzare un grande insediamento isolato e destinato a una sola etnia ha un carattere discriminatorio. Al di là dei modi e dei toni populistici, soprattutto laddove aveva parlato di «demolirli con la ruspa», Salvini aveva dunque centrato un tema vero: i campi non sono una soluzione civile alla questione rom. E infatti esistono praticamente solo in Italia. L'inchiesta su Mafia capitale ci ha mostrato il perché di questa singolarità: attorno all'emergenza rom si è sviluppato un business milionario, denunciato anche dalla «21 luglio» secondo cui nel solo 2014, con la giunta Marino già saldamente in sella, il Comune ha speso 33mila euro a famiglia rom, il 30% in più dell'anno precedente. Denaro non andato ai diretti interessati, ma alla galassia di cooperative che vivono di questa emergenza.
Sta di fatto che non tutti gli «amici dei rom» hanno gioito per la sentenza. Per il presidente dell'Opera nomadi Massimo Converso è «demagogica» e «non avrà alcun effetto, è ammantata di esigenze di visibilità e protagonismo».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.