Grande è la confusione economica sotto il cielo del governo giallo-verde. Da una parte, il decreto Dignità comincia a mostrare i primi effetti negativi producendo le prime perdite di lavoro nel settore privato ma garantendo i dipendenti pubblici della scuola. Dall'altro lato, il ministro dell'Economia, Giovanni Tria, ha aperto concretamente alla flat tax nella prossima legge di Bilancio. In tutto questo il ministro per i Rapporti con il Parlamento, Massimo Fraccaro, ha escluso l'utilizzo della fiducia per il tormentatissimo decreto subordinando, però, tale scelta all'«atteggiamento delle opposizioni» ma garantendo «apertura alla discussione e al confronto».
La vicenda di maggiore impatto, però, è rappresentata dal sostanziale licenziamento di venti dipendenti in somministrazione della Nestlé di Benevento. L'hub europeo della multinazionale svizzera dedicato alle pizze surgelate ha rinunciato a questi collaboratori perché ha superato le quote previste dal decreto Dignità. L'azienda, che ha investito 50 milioni nell'impianto, ha promesso di tenere conto delle esigenze della manodopera locale, una volta ultimate tutte le linee produttive che impiegheranno fino a 150 persone. Ma è chiaro che il ministro Di Maio ha inferto un duro colpo alle speranze dei beneventani. E, di certo, il provvedimento non aiuterà i 350 dipendenti della Bekaert di Figline Valdarno. Qui la multinazionale vuole delocalizzare ma, non avendo mai usufruito di incentivi statali, non può in alcun modo essere penalizzata.
Discorso diverso per i precari della scuola. Ieri M5s e Lega hanno raggiunto l'accordo per il via libera all'emendamento al decreto che consente a continuità didattica per l'anno scolastico 2018/2019 per gli insegnanti che sono in possesso di diploma magistrale e non di una laurea come prevede la nuova normativa. Per il 2019/2020 è allo studio un ddl che garantirà l'immissione in ruolo dei vincitori di concorso lasciando quote sia per i diplomati che per i laureati.
Intanto, il ministro Tria ha annunciato che la flat tax «si inizierà a implementare dalla prossima legge di Bilancio, secondo un cronoprogramma graduale il cui contenuto di dettaglio è «allo studio». Il ministro dell'Economia ha ribadito che la riforma dell'Irpef sarà composta da una semplificazione strutturale del sistema fiscale e da «un alleggerimento del prelievo da perseguire gradualmente e compatibilmente con gli spazi finanziari». Ovviamente, sarà decisivo per realizzare questo progetto il dialogo avviato con la Commissione europea per «rivedere l'obiettivo di deficit programmatico». Tria ha spiegato che «la revisione è limitata» e non può comportare un incremento del debito e un peggioramento del saldo strutturale. Il tetto del 3% di deficit/Pil non sarà superato ma sarà rimodulata «la misura dell'aggiustamento strutturale», dunque è molto probabile che si cerchi di strappare uno 0,5-0,6%, cioè una decina di miliardi, per cominciare ad avviare il progetto.
Durante
il question time Renato Brunetta (Fi) ha però ricordato al ministro che l'eventuale flessibilità è già vincolata al disinnesco delle clausole di salvaguardia sull'Iva. Il programma giallo-verde è, pertanto, irrealizzabile.
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