Otto miliardi. Forse sei se tutto va bene. Dopo la risicata conferma del rating da parte di Fitch non c'è più nessuno, tra Palazzo Chigi e Via XX Settembre, che si faccia residue illusioni sulla possibilità di evitare una correzione dei conti pubblici in corso d'opera. L'alternativa si chiama procedura per deficit eccessivo, spread in rialzo e peggioramento ulteriore del quadro economico. È questo il cul de sac nel quale il governo di Salvini e Di Maio sta infilando il Paese.
È da Fitch, perciò, che bisogna ripartire per comprendere meglio quanto difficile sia a strada da intraprendere e quanto improvvido sia il sospiro di sollievo del presidente del Consiglio Conte per aver evitato un altro downgrade. Il giudizio dell'agenzia di rating si basa su stime tutto sommato ottimistiche in quanto a fronte di un taglio della stima di crescita del Pil 2019 da +0,8 a +0,3% si evidenzia solo una modesta crescita del deficit/Pil che dal 2% programmato si porterebbe al 2,3. In tale scenario una manovra bis non sarebbe necessaria perché le regole Ue tengono conto del quadro macroeconomico. Fitch, infatti, tratteggia un 2019 modesto e un 2020 abominevole con il debito/Pil fuori controllo al 132,7 per cento.
Quello che spaventa i mercati e l'organismo di valutazione, in particolare, è un peggioramento ulteriore del rosso di bilancio «a causa di misure fiscali espansionistiche» nonché l'adozione di «politiche che abbiano ricadute negative sull'economia» un eventuale «deterioramento della patrimonializzazione delle banche». Per evitare questo scenario servono riforme strutturali che un governo come l'attuale non è in grado di realizzare essendosi giocato gran parte della credibilità con il decreto Dignità (che ingessa il mercato del lavoro) e quota 100 (la cui sostenibilità è a forte rischio). Ecco perché Fitch vede addirittura un miglioramento della sostenibilità del debito in caso di formazione di un nuovo governo, non caratterizzato da conflittualità interna, con un orizzonte di medio termine e capace di adottare politiche pro-crescita a fronte di un aggiustamento fiscale.
Le soluzioni che piacciono ai mercati e anche all'Europa sono note: spostamento della tassazione dalla produzione alla proprietà (Imu prima casa, patrimoniale, eccetera) e taglio delle spese. Sono questioni che il ministro Tria ha bene presente e che sta cercando di tamponare a fronte dell'imminente avvio. I 2 miliardi messi da parte nella manovra in caso di peggioramento del clima economico sono dati già per acquisiti alla causa nazionale.
Come detto, non è questione di rallentamento del Pil: se il governo vuole durare, deve rassicurare i mercati. di qui l'ipotesi che i tecnici del ministero dell'Economia stanno vagliando di avviare un incremento selettivo delle aliquote Iva per scardinare parzialmente le clausole di salvaguardia. Allo stesso modo, un taglio anticipato degli sconti fiscali potrebbe neutralizzare parzialmente quei 23 miliardi di clausole che pendono sul 2020 come un'ipoteca.
Più si aumenta questo «prelievo», anche contemplando l'azzeramento del bonus Renzi da 80 euro (190 miliardi), tanto più si allunga la vita al governo. È dunque quasi una casualità che gli 8 miliardi da trovare equivalgano al naturale scivolamento del deficit/Pil verso quota 2,5 per cento.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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