Emiliano all'assalto del fortino di Renzi: "Ha devastato tutto, ora deve dimettersi"

Il governatore alza il tiro sul rottamatore: «Sì al congresso, no a primarie frettolose». L'ira dei fedelissimi di Matteo. Ed è guerra sul tesoro dei Ds

Emiliano all'assalto del fortino di Renzi: "Ha devastato tutto, ora deve dimettersi"

Roma - Cherchez l'argent. Se l'idea del tesoriere Pd Francesco Bonifazi, quella di promuovere una class action fra tutti gli ex iscritti ai Ds per mettere le mani sul tesoro che fu del Pci, verrà confermata da Matteo Renzi, non ci si troverà soltanto in uno scenario del tutto nuovo e originale nella vita del centrosinistra. Ma sarà anche un ottimo elemento di chiarezza sull'intera ultima storia di quel mondo, cui lo stesso Bonifazi (da vero ardito) si richiama: «Quel patrimonio appartiene alla storia del nostro partito non a fondazioni private», rivendica infatti il cassiere del Nazareno.

Di solito, quando si fanno le scissioni, è chi va via a minacciare (e ricorrere) a vie legali. In questo caso, di fronte all'addio prefigurato da D'Alema, che tiene sulla corda l'intera Ditta (dai rampanti renziani a vecchi pervertiti del genere), sarebbe il contrario. L'ex tesoriere Ds, Ugo Sposetti, ha messo «al sicuro» un patrimonio che conta circa 2.400 immobili e 410 opere d'arte, per una stima che si aggira intorno al mezzo miliardo (un miliardo per i renziani). Mettere le mani sul «gruzzolo» ripartito da Sposetti in 62 fondazioni di sicuro più vicine alla storia dalemiana che a quella ulteriore, insomma, sarebbe ciò che tiene il segretario del Pd inchiodato al Nazareno ancor di più che il sogno di una vendetta. A dimettersi, Renzi non ci pensa ancora. Servirebbe ad anticipare il congresso rispetto a giugno, a norma di statuto. Ma l'escamotage tenuto in piedi dalla segreteria è quella di cavarsela con poco: primarie che riaffermino come Matteo sia ancora il più popolare nel Pd (di sicuro lo sarà). Michele Emiliano non cade nella ragnatela mediatica e mette il dito nella piaga quando, in un intervista a Sky, spiega che «il segretario non si dimette perché ha un sacco di soldati e salmerie da collocare, ha da salvaguardare un sacco di persone e se dovesse perdere la possibilità di fare le liste, non so se i sondaggi lo darebbero ancora in testa». Emiliano torna a chiedere un congresso «normale» e non «frettolose primarie» che sarebbero «una nuova invenzione di marca renziana, una simulazione per dare l'impressione di una specie di congresso che in realtà non esiste». Impietosa l'analisi del governatore pugliese sul Pd, ridotto a «partito dell'establishment». Non possiamo essere noi «a sostituire Fi», lamenta Emiliano, ribadendo di non volersi candidare. Se non fosse che Renzi «ha devastato tutto ciò con cui è venuto in contatto... Per cui occorre ricostruire tutto il sistema di rapporti, alleanze, amicizie». Una bella scossa, sui fragili arzigogoli che tengono avviluppato il Pd alle sorti del leader.

Difatti la reazione dei renziani è veemente: «Emiliano insulta Renzi», il commento più tenero da parte dei vari Carbone, Esposito, Marcucci, Migliore. Sì, anche quest'ultimo: l'ex rifondarolo fulminato in riva all'Arno.

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