Era tutto al posto giusto domenica a Dubai: gli ospiti, le targhe da consegnare, i fotografi. Mancava solo una cosa: le donne. Che, per un premio per l'uguaglianza di genere, non è un dettaglio trascurabile. Le buone intenzioni non sono in dubbio: l'iniziativa voleva premiare i progressi fatti nel settore pubblico nel campo delle pari opportunità. Il problema è che le immagini della cerimonia, rilanciate su Twitter dall'account ufficiale del governo emiratino, hanno fatto il giro del mondo e attirato una notevole quantità di commenti tra l'ironico e lo sdegnato. Perché i premiati nelle quattro categorie - miglior personalità, migliore agenzia federale, migliore agenzia governativa e migliore iniziativa - erano tutti uomini. In alcuni casi in rappresentanza del proprio ministero, ma tant'è. I riconoscimenti sono stati consegnati dalle mani dello sceicco di Dubai, Mohammed bin Rashid al-Maktoum, altrettanto uomo. Nessuna traccia di quelle che avrebbero dovuto essere le protagoniste dell'evento. Eppure, secondo lo sceicco, «l'uguaglianza di genere è diventata una colonna portante nelle nostre istituzioni».
In effetti Dubai sta facendo progressi sul tema. Un rapporto delle Nazioni Unite pubblicato l'anno scorso ha mostrato come gli Emirati Arabi Uniti siano il Paese del Golfo in cui le donne vivono in condizioni migliori e quello che è riuscito a portare la maggiore quota di popolazione femminile all'interno del mercato del lavoro. Oggi le donne emiratine con un'occupazione sono il 43 per cento del totale, e per quanto riguarda i titoli di studio battono addirittura gli uomini: oltre quattro su dieci hanno una laurea di primo livello, mentre i colleghi maschi si fermano a due su dieci. Dubai ha anche istituito un Consiglio per l'uguaglianza di genere e mira a entrare entro il 2021 nella «top 25» della classifica stilata dall'Onu sulla parità dei sessi, riscattando l'attuale 42esima posizione.
Ma la strada da fare per una vera uguaglianza è ancora lunga, come denunciano le associazioni che si occupano di diritti umani. Non solo perché anche nelle cerimonie dedicate all'equità di genere la scena è dominata dagli uomini. Come riporta Amnesty International nel suo ultimo rapporto sul Paese, infatti, le donne negli Emirati «continuano a essere discriminate nella legge e nella prassi» e, in particolare in contesti come il matrimonio, il divorzio, l'eredità e la custodia dei figli, non godono degli stessi diritti degli uomini. Così come «non sono tutelate in modo adeguato contro la violenza sessuale», fuori e dentro la famiglia.
A questo quadro si aggiunge un episodio specifico che ha contribuito a gettare ombre sulla condizione femminile nel Paese del Golfo. Quello della principessa Latifa, 33 anni, una dei 23 figli dello sceicco di Dubai, Mohammed, il protagonista della cerimonia di domenica. A febbraio dell'anno scorso la ragazza aveva tentato di fuggire dagli Emirati, salvo poi essere intercettata su una barca al largo dell'India ed essere riportata indietro con la forza. Ma Latifa, sapendo che il suo tentativo avrebbe potuto fallire, aveva dato ordine ad alcuni amici di pubblicare su YouTube un video in cui spiegava le ragioni del gesto. Nel filmato - 40 minuti nella versione integrale - racconta di voler scappare dal Paese e da suo padre, che teneva sotto chiave lei e la sorella, torturandole e drogandole per tenerle docili.
La principessa spiega che aveva già tentato di allontanarsi in passato: scoperta, era stata tenuta segregata per tre anni. Una storia che non fa onore a una Dubai che vuole presentarsi come baluardo dei diritti delle donne nel Golfo.
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