Il "ritorno a casa" di Gianfranco Fini dopo 17 anni di assenza da Atreju è stato salutato con gioia e interesse dal pubblico presente in sala per il confronto con Francesco Rutelli e ha lasciato numerosi interrogativi sul ruolo che il fondatore di Alleanza Nazionale potrebbe ricoprire nel prossimo futuro.
Padre nobile della destra italiana? Prossimo sindaco di Roma oppure prossimo inquilino del Quirinale? A quanto pare, nulla di tutto questo. "L'incontro Fini-Rutelli lo abbiamo voluto perché per noi la sfida di Roma del 1993 segna l'inizio di una nuova epoca: l'inizio della Seconda Repubblica e del bipolarismo. È stato un dibattito molto bello. Seguitissimo anche dai più giovani", spiega il deputato Francesco Filini, responsabile del programma del partito.
Un ritorno, quello di Fini, che segna una sorta di riconciliazione con il mondo della destra italiana. "Non parlerei di riconciliazione. Il tempo lenisce tutto, le persone crescono e capiscono i propri errori".
"Ieri Fini ha ammesso che sciogliere Alleanza Nazionale è stato un errore - prosegue il deputato di Fratelli d'Italia - e ha riconosciuto a Giorgia Meloni di aver ridato una casa a un certo mondo e di aver ricostruito un'area politico-culturale che in Italia è sempre esistita".
"A me della serata di ieri resta come cosa, umanamente, più bella, l'applauso corale di tutta la sala quando ha detto se consentite mi sento di nuovo a casa", commenta il senatore Roberto Menia.
Questo clima che ha il sapore dell'amarcord ha dato adito a varie ipotesi come una futura candidatura di Fini a sindaco di Roma lanciata ieri da Francesco Rutelli, ma anche alla suggestione di Francesco Storace - suo storico portavoce ai tempi in cui Fini era guidava Alleanza nazionale - che lo vorrebbe candidare al Quirinale come successore di Sergio Mattarella.
"A proposito dell'ipotesi Quirinale, non credo proprio sia nelle sue corde, ambizioni o sogni", frena subito lo stesso Menia. Maurizio Gasparri, oggi capogruppo dei senatori di Forza Italia ma con una lunga storia nella destra italiana alle spalle, sentenzia ironicamente: "Pare più facile che Milly Carlucci diventi Papa".
Dai vertici del partito, invece, traspare una certa cautela. "Sa quando si vota per il Quirinale? Nel 2029, quasi un'intera legislaturane deve passare di acqua sotto i ponti", dicono i militanti impegnati in Atreju. Alcuni preferiscono non commentare, mentre altri sogghignano e dicono: "No, non scherziamo". Poi, i più irriverenti bollano la suggestione Quirinale come "una sciocchezza" oppure come "un'idea che non ha alcun fondamento".
Tra i frequentatori del villaggio di Atreju, anche alcuni esponenti di Fdi che hanno fatto molta strada a fianco di Fini fin dagli anni '70 e che ne conoscono bene la psicologia. "Il primo che non accetterebbe la candidatura a presidente della Repubblica è proprio Fini", spiegano. A tormentare il "padre nobile" della destra italiana sono i suoi "carichi pendenti", ossia le inchieste legate alla famosa casa di Montecarlo. "Finché non si chiude definitivamente quella vicenda, Fini sta sicuramente fuori dalla politica attiva perché sa che i media e gli avversari politici gli starebbero addosso con la pistola puntata".
Ma non solo.
"Anche qui dentro c'è chi non lo vorrebbe...", sussurrano maliziosamente alcuni suoi sodali. La verità è che "Storace lo ha candidato prematuramente alla presidenza della Repubblica perché gli vuole bene, ma è un'ipotesi che non esiste".