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Le epurazioni di de Magistris: sparisce via Vittorio Emanuele III

"Promulgò le leggi razziali". Tolta pure una strada a un fascista

Le epurazioni di de Magistris: sparisce via Vittorio Emanuele III

Luigi de Magistris dichiara guerra ai Savoia: cambierà nome via Vittorio Emanuele III.

Dei progressi della sua crociata toponomastica il sindaco di Napoli ha dato annuncio ieri, pontificando su Facebook: al posto del re il socialista mazziniano Salvatore Morelli, perseguitato dai Borbone prima di approdare nel Parlamento dell'Italia unita. Una scelta in verità tutt'altro che inattesa, punto d'arrivo d'un percorso iniziato nel 2015 tra le proteste dell'Unione monarchica italiana, rimaste inascoltate come l'invito a salvaguardare la memoria storica. «Vittorio Emanuele III promulgò le leggi razziali», l'accusa. Motivo più che sufficiente per una condanna senza appello da espiare con l'oblio stradale, che pare fare il paio con la pena dell'esilio invocata per la salma del Re soldato, dopo 70 anni di ostracismo patrio tumulata in terra italica. Non al Pantheon, dove già riposano Vittorio Emanuele II, Umberto I e la consorte Margherita, ma al santuario di Vicoforte, in Piemonte, comunque tra le polemiche dell'Anpi e della Comunità ebraica, che bolla Vittorio Emanuele IIII come «il complice di quel regime fascista di cui non ostacolò mai l'ascesa» e che non a caso ieri è stata rapidissima nel dare il proprio placet alla decisione di de Magistris, salutandone come «atto dovuto» anche la seconda iniziativa: intitolare il piazzale dello stadio San Paolo all'imprenditore ebreo Giorgio Ascarelli, fondatore e primo presidente del Napoli Calcio.

Dentro lui, fuori Vincenzo Tecchio, avvocato e parlamentare napoletano reo di militanza nel Partito nazionale fascista. «Veramente l'intitolazione a Tecchio era stata voluta per sottolineare il suo ruolo nella realizzazione della Mostra d'Oltremare», hanno ricordato gli internauti al sindaco arancione dal bianchetto facile, ma ogni tentativo è risultato vano: dado tratto. E già ci si chiede, adesso, se l'ansia revisionista di Palazzo San Giacomo travolgerà anche rione Vittorio Emanuele III, costruito nel 1910 a ridosso dell'Arenaccia, o l'omonima biblioteca nazionale, che a dire il vero già qualche anno fa fu sul punto di cambiare nome, su proposta dello storico (di sinistra) Luciano Canfora. Un'idea, ricorda Mauro Giancaspro, fino al 2014 direttore del polo bibliotecario, poi evaporata «per la tiepida risposta della città».

Nei giorni scorsi l'Unione delle comunità ebraiche è però tornata alla carica e stavolta potrebbe trovare un prezioso alleato nel Comune, ormai armato di pennello e vernice per riscrivere gli stradari con gli occhi del presente. Gli stessi che a Livorno hanno portato i consiglieri pentastellati a stoppare il loro stesso sindaco ed a respingere la richiesta di dedicare una rotonda all'ex presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi.

Il motivo? Non era un uomo delle istituzioni, ma un amico delle banche.

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