Da una parte Bulgaria e Grecia trasformate in prima linea dell'Europa, ma sole nell' affrontare lo tsunami di migranti scatenato dalla Turchia. Dall'altra le parole sprezzanti di Recep Tayyp Erdogan pronto a rivendicare il nuovo oltraggioso ricatto agli europei. «Pensavano che stessimo bluffando ha detto ieri - ma non appena abbiamo aperto le porte hanno iniziato a telefonare. Ho detto che ormai è fatta. Adesso dovrete prendervi la vostra parte del fardello».
Tra la boria del presidente turco e la prima linea europea disegnata lungo i confini di Atene e Sofia emerge il dramma dei migranti caricati sui pullman e sospinti verso la frontiera dalle autorità turche. Quanti sono? Nessuno lo sa con precisione. I portavoce di Ankara, interessati ad amplificare la pressione e ad intimorire Bruxelles, parlano di 120mila disgraziati pronti a marciare verso la rotta balcanica. Poi ci sono i dati dell'Organizzazione Internazionale per i Migranti che parla di 13mila persone ammassate nella terra di nessuno o pronte a salire su un gommone per raggiungere Lesbo e le altre isole greche. Infine ci sono i dati diffusi da Atene che riferisce di diecimila migranti respinti.
In mancanza di cifre certe un dato è evidente, la tragedia del 2015 con morti in mare e scontri alla frontiera si sta ripetendo. E anche stavolta i più a rischio sono i bambini. La prima vittima innocente è stata recuperata domenica notte quando - durante i soccorsi ad un gommone naufragato nella zona di Mitilini sulle coste Lesbo - è venuto alla luce il corpicino di un bimbo annegato. Ma lo sbarco di centinaia di disperati provenienti per la maggior parte da Afghanistan e Somalia e non dalla Siria - come fa intendere Erdogan - sta innescando la rabbia delle popolazioni locali. I primi a farne le spese sono i responsabili delle organizzazioni umanitarie accusati di favorire lo sbarco e il transito dei migranti. Contro di loro si è aperta una caccia conclusasi, in alcuni casi, con semplici intimidazioni in altri con veri e propri pestaggi. In questo clima c'è il rischio che la sortita lungo il confine greco-turco, annunciata per oggi dal presidente della Commissione Europea Ursula van der Leyen in compagnia dal Presidente del Consiglio Europeo Charles Michel e da quello del Parlamento Europeo David Sassoli sia accompagnata da contestazioni e proteste. Anche perché parte dell'opinione pubblica greca ha la sensazione di esser stata nuovamente abbandonata da Bruxelles. E la visita non basterà a spazzar via il sospetto. Da Bruxelles, del resto, non arriverà nessuna risposta concreta prima della riunione dei ministri degli esteri convocata per la prossima settimana dall'Alto Commissario per la politica estera Josep Borrel. Un intervallo durante il quale Grecia e Bulgaria rischiano di vedersela con centinaia di migliaia di disperati.
Sul fronte siriano, intanto, l'offensiva Scudo di Primavera annunciata da Erdogan e affidata ai quasi 15mila soldati turchi mandati a combattere con Al Qaida e altri gruppi jihadisti non fa molti progressi. Nonostante l'abbattimento, domenica, di due suoi aerei le forze siriane hanno riconquistato il nodo strategico di Saraqeb. E da Mosca è partito il consiglio ad Ankara, di rispettare la «no fly zone» dichiarata dalla Siria sui cieli di Idlib.
Un consiglio che cela la minaccia di abbattere qualsiasi aereo turco. E così il Sultano, sprezzante con gli europei, ma assai diplomatico con i russi, si è detto pronto a volare a Mosca giovedì per discutere un cessate il fuoco con Putin.
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