È intervenuto personalmente sulla crisi diplomatica con la Santa Sede il presidente islamico turco Recep Tayyip Erdogan, usando toni minacciosi. Non si è limitato a «condannare» le parole di Papa Francesco sul genocidio armeno del 1915-16, ma ha avvertito il Pontefice a «non ripetere questo errore». Le parole di Erdogan sono state ben più dure e sprezzanti di quelle pronunciate lunedì dai suoi ministri e dal Gran Mufti Mehmet Gormez. «Non permetteremo che incidenti storici siano tolti da un contesto e usati come strumento di propaganda contro il nostro Paese», spiega il leader turco. Poi minaccioso: «Avverto il Papa di non ripetere questo errore, e lo condanno. Quando dirigenti politici, religiosi, assumono il compito degli storici ne deriva delirio, non fatti. Dopo la sua recente visita in Turchia pensavo che fosse un politico diverso, ma le sue parole mostrano una mentalità difforme da quella di un leader religioso».
Erdogan ha usato toni piuttosto duri che non solo rispecchiano il pensiero di un presidente che sembra voler fare di tutto per rimanere isolato dall'Europa, ma sfociano in un nazionalismo esasperato. Sembrano frasi preparate a tavolino in funzione degli interessi del partito islamico Akp in vista della delicata tornata elettorale di giugno. Le politiche sono un banco di prova fondamentale per Erdogan che ha bisogno, anche con atteggiamenti piuttosto discutibili, di ricompattare un elettorato nazionalista che, soprattutto dopo i fatti di piazza Taksim, veniva dato in allontanamento dal suo presidente. Gli analisti turchi tracciano i contorni di uno scenario verosimile. Sostengono che l'ambasciatore presso la Santa Sede potrebbe non tornare a Roma prima del voto del 7 giugno. E neppure sono escluse nuove misure di peso da parte dei turchi, tra le quali figura la sospensione della cooperazione culturale.
Erdogan può fare affidamento sul sostegno della stampa di regime, ben felice di soffiare sul fuoco della polemica. A dir poco deliranti le affermazioni del quotidiano Takvim , lo stesso che lunedì aveva paragonato Papa Bergoglio a «un pappagallo addestrato a ripetere bugie». Ieri il giornale controllato dalla famiglia Erdogan ha rincarato la dose sostenendo la tesi che gli armeni avrebbero pagato 25 miliardi di dollari alla Santa Sede per un riconoscimento del genocidio da parte di papa Francesco. Yeni Akit, altro quotidiano che nel giugno 2013 preferiva dare risalto ai risultati sportivi del Galatasaray pur di relegare in un angolo le malefatte degli uomini di Erdogan in piazza Taksim, ha invece accusato il mondo cristiano di essere responsabile di numerosi genocidi del passato, dal «massacro di 8 milioni di indiani americani» allo «sterminio perpetrato dai francesi in Algeria» e alle «brutali uccisioni da parte degli italiani in Libia». E mentre il Parlamento europeo si schiera con il Papa, in attesa che anche Barack Obama riconosca prima del centenario del 24 aprile il genocidio degli armeni, i giornali dell'opposizione come Cumhuriyet , Yurt e Taraf , promettono di «tirare fuori dall'armadio di Erdogan scheletri imbarazzanti». A partire dal maschilismo esasperato.
Per il presidente le donne dovrebbero limitarsi a partorire più figli possibili per la patria. Frasi raccolte dalla deputata Aylin Nazliaka del Partito Repubblicano del Popolo (Chp) e depositate in un voluminoso fascicolo ora al vaglio del tribunale dell'Aja e classificate come «incitamento all'odio».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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