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Ergastolo alla neonazista per i 10 omicidi razzisti (con ombre sui servizi)

Berlino chiude il caso Nsu. Zschäpe è l'unica superstite della cellula che colpì tra 2000 e 2007

Ergastolo alla neonazista per i 10 omicidi razzisti (con ombre sui servizi)

Berlino Si è concluso con una sentenza all'ergastolo il processo più seguito nella storia della Germania moderna. La condanna al carcere a vita ha colpito Beate Zschäpe, la principale imputata del «caso Nsu». La sigla sta per Nationalsozialistischer Untergrund («Clandestinità nazionalsocialista») e indica un trio di terroristi neonazisti coinvolti in una lunga serie di omicidi a sfondo razzista, conditi da altri crimini violenti fra cui trenta tentati assassinii, una dozzina di rapine a mano armata e due attacchi dinamitardi contro strutture per stranieri. Secondo i giudici, i tre membri della Nsu Zschäpe e i suoi due ex amanti Uwe Mundlos e Uwe Böhnhardt sono responsabili della morte di otto persone identificate come turche o di origine turca, di un cittadino greco e di una poliziotta tedesca, uccisi fra il 2000 e il 2007. Il 4 novembre 2011 i corpi di Mundlos e Böhnhardt vengono ritrovati carbonizzati in un'auto fuori da una banca che i due avevano appena rapinato. Nel veicolo fu rinvenuta anche la pistola d'ordinanza della poliziotta uccisa quattro anni prima. Gli investigatori parlarono di doppio suicidio. Una settimana dopo Zschäpe si consegnò alla polizia.

Originari di Jena, città universitaria già parte della Ddr, la Germania Est, i tre provenivano dalla scena neonazista, molto vivace e radicata in Turingia negli anni a cavallo della riunificazione. Marcato da un acceso odio per gli stranieri, per gli ebrei e per il cosmopolitismo in genere, l'Nsu è riuscita per molti anni a piantare in asso gli investigatori, tant'è che i primi crimini del trio vennero attribuiti a gang di stranieri attive in Germania in quel periodo. A rendere più torbida la storia della banda armata è il ruolo ancora poco chiaro dei servizi di intelligence tedeschi che avrebbero infiltrato il gruppo senza però fornire prove per incastrare i suoi membri. La stampa tedesca ha da più parti accusato i servizi, che pure monitoravano l'Nsu come gli altri soggetti dell'eversione neonazista, di un ingiustificabile atteggiamento attendista che ha finito per sostenere e coprire i crimini del trio.

Il processo-monstre, durato oltre cinque anni con oltre 800 fra testimoni ed esperti, si è concluso anche con la condanna a dieci anni per Ralf Wohlleben, numero due del partito neonazista Npd in Turingia, che ha fornito all'Nsu una pistola usata per compiere nove dei dieci omicidi. Gli altri imputati, Holger Gerlach e Carsten S. (minorenne all'epoca dei fatti), sono stati condannati a tre anni per aver dato supporto al gruppo. Due anni e sei mesi è stata l'analoga condanna per Andre Eminger, subito rimesso in libertà per aver già scontato la pena in carcere. La chiusura del processo a Monaco ha dato la stura a nuove critiche dall'opposizione, dalla comunità turca e direttamente dalla Turchia all'indirizzo di Angela Merkel.

Cinque anni fa la cancelliera promise che sarebbe stata fatta piena luce sui crimini della Nsu, e tuttavia due punti centrali rimangono ancora oscuri: da un lato i legami fra il gruppo criminale e le altre frange dell'eversione di destra in Germania, dall'altro come tre individui sotto gli occhi dello Stato possano aver sparso tanto sangue senza che nessuno li fermasse.

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