«In una democrazia parlamentare e rappresentativa le leggi le fa il Parlamento, il sistema del referendum previsto dalla nostra costituzione è soltanto abrogativo, per cui pensare di fare le riforme soltanto attraverso l'abrogazione di alcune norme rischia di dare delle norme che non sono omogenee. Credo quindi che sia il Parlamento che deve lavorare».
David Ermini, vicepresidente del Csm, boccia il metodo dei quesiti referendari sulla giustizia promossi dai radicali, sostenuti dalla Lega, Forza Italia e Italia Viva, tra cui la responsabilità civile dei magistrati e la separazione delle carriere. Anche l'Anm aveva fatto muro col suo presidente Giuseppe Santalucia, che aveva evocato «una ferma reazione a questo tipo di metodo», perché il referendum «fa intendere la volontà di chiamare il popolo a una valutazione di gradimento della magistratura, quasi a voler formalizzare e cristallizzare i risultati dei vari sondaggi di opinione che danno in discesa l'apprezzamento della magistratura».
Intanto però le firme hanno «superato quota 750mila - dice Giuseppe Rossodivita, responsabile Giustizia del partito Radicale - ma cerchiamo di raccoglierle fino all'ultimo momento utile per presentaci con il maggior numero possibile». Hanno sottoscritto i sei quesiti «anche elettori di quei partiti che hanno preso una posizione negativa», su tutti il Pd. Sullo sfondo l'impatto dello scandalo Palamara che ha terremotato magistratura e Csm, e che ha spinto molti ad avvicinarsi ai gazebo: «L'opinione pubblica - continua Rossodivita - ha potuto conoscere certe dinamiche che governano magistratura, e la percezione è che ci sia una necessità urgente di cambiamento. Tra le persone in fila per firmare il 90% ha avuto suo malgrado a che fare con contesti di malagiustizia». Del resto la riforma Cartabia che ha spaccato la maggioranza prima di essere approvata interviene sul processo penale ma «non sfiora minimamente i temi da noi posti. Non si è mai parlato in questo governo di responsabilità civile, mai di limitazione all'abuso della custodia cautelare, sono temi che non erano neanche nell'agenda iniziale, perché la riforma era legata alla necessità di poter utilizzare i fondi del Pnrr. Queste cose sono rimaste indietro e continuano a non essere nell'agenda». È in agenda invece la riforma del Csm, travolto nel maggio 2019 dall'inchiesta della procura di Perugia che mentre indagava Palamara per corruzione ha scoperchiato le trame dell'hotel Champagne sulla procura di Roma. «Ma non siamo fiduciosi - spiega Rossodivita - I lavori usciti dalla commissione Luciani sono deludenti e frutto della dettatura dell'Anm». Nel testo base della riforma il metodo del sorteggio per l'elezione dei togati - considerato da una parte della stessa magistratura l'unico rimedio contro il correntismo - non c'è.
Ma c'è un nuovo sistema elettorale che dovrebbe limitare l'influenza delle correnti. «Di sorteggio non se ne parla proprio. Per questo temiamo che sarà solo un piccolo maquillage che servirà a non cambiare nulla. Nell'interesse di qualcuno».
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