Gli errori che creano le fazioni

Io vax, tu no vax. Alla fine anche su un tema cruciale per la vita, delle persone e della società, siamo finiti al solito come i Guelfi e i Ghibellini

Gli errori che creano le fazioni

Io vax, tu no vax. Alla fine anche su un tema cruciale per la vita, delle persone e della società, siamo finiti al solito come i Guelfi e i Ghibellini. Divisi, in lotta, culturale e materiale, una pericolosa guerra civile del vaccino la cui posta in gioco è il futuro. Ma chi sono i no vax? Se togliamo le frange estreme, chi soffia sul fuoco, i rancorosi e i pazzi, dietro alle proteste e alle minacce, c'è un sottostrato sociale che va indagato. Ci sono milioni di italiani che non ne vogliono sapere di vaccinarsi. Sono una minoranza rispetto al 70% di over 12 che l'ha fatto, ma ci sono. Riprendiamo le immagini retoriche dell'arrivo della prima dose, la luce in fondo al tunnel e mettiamole accanto a quelle di questo fine agosto. Sono passati appena otto mesi. Cosa non ha funzionato nella narrazione? La scienza in primis, che non ha saputo trasmettere all'opinione pubblica la potenza delle proprie scoperte. Il tempo breve anziché un successo è diventato un fattore di diffidenza, troppi annunci contraddittori e una frettolosa spiegazione sui cosiddetti effetti collaterali. La statistica non basta a tranquillizzare. Poi anche in campo medico abbondano gli eretici. Il mio barista mostra il cellulare aperto su un canale con specialisti che raccontano di danni pazzeschi. Serve i clienti e fa propaganda contro. Secondo tema, la comunicazione. In questi giorni dito puntato contro i cattivi maestri. Ce ne sono certo in tv, sui giornali, in libreria dominano i saggi negazionisti. Ma il vero problema è la non mediazione del web, la sua forza disinformativa globale. Non solo fake, ma news profilate con gli algoritmi sulle angosce di ognuno. Basta rivedere il documentario The social dilemma o avere in casa un adolescente non conformista. Vai nel suo mondo e trovi l'orrore. Più clicchi e più vieni profilato. I dubbi diventano in fretta convinzioni ferree e poi rabbia. Ultima, ma non ultima, la politica. Non si può giocare sul consenso. Le posizioni devono essere chiare e responsabili.

Né serve estendere il green pass come moral suasion. Alla fine, molto presto, sarà obbligata la politica a discutere sull'obbligo vaccinale, con buona pace dei teorici della libertà rimasti in silenzio con i lockdown e i coprifuoco.

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