Per il Sap sono finiti i tempi delle pacche sulle spalle dei questori. Che in quel modo promettevano senza impegnarsi e si «liberavano», almeno per po', dei sindacalisti. Rimandando problemi non posticipabili, ma impotenti pure loro dinnanzi all'elefantiaco Dipartimento di pubblica sicurezza del ministero, «l'Amministrazione», costantemente privo di mezzi e risorse. Il Sap, sindacato autonomo di polizia (secondo in Italia dopo il Siulp, con oltre 21mila iscritti) ha capito che l'unione fa la forza, soprattutto in un momento storico così ostico, recettivo forse come non mai di malumori trasformatisi in sdegno e desiderio di rivolta. Quando, con i salari fermi dal 2009, un ispettore può perdere anche 400 euro in busta paga. E il continuo arrivo massiccio e giornaliero d'immigrati da gestire e piazzare, mette a repentaglio la salute e la vita di molti operatori di polizia, dotati di ridicole mascherine che proteggono a malapena dai granelli di sabbia. Mettendo a nudo le enormi carenze di mezzi, gli organici datati e insufficienti, le situazioni al limite del ridicolo, l'ignoranza dei funzionari sui dispositivi di protezione individuale.
Così, unitisi nella Consulta sicurezza con Sappe (il sindacato dei lavoratori della polizia penitenziaria), il Sapaf (Sindacato autonomo polizia ambientale e forestale) con i quali superano 45mila iscritti in tutto il paese, per la prima volta nella storia della nostra Repubblica, ieri si sono astenuti dal lavoro dalle 11 alle 14, coinvolgendo tutti i reparti e i commissariati, compresa il Reparto mobile, Polfer e Polstrada e raccogliendo solo a Milano oltre 600 partecipanti tra tutta la categoria cosiddetta «contrattualizzata», dagli agenti ai vice questori aggiunti, assicurando però i servizi principali.
In contemporanea in tutte le questure e le caserme d'Italia accadeva lo stesso, con circa 700 assemblee sindacali, migliaia e migliaia di poliziotti, penitenziari, forestali e vigili del fuoco che si sono astenuti dal lavoro per 3 ore (2 nelle questure più piccole). Un dato medio di adesione pari al 60 per cento del personale disponibile con punte del 90 per cento a Imola e dell'80 per cento a Ferrara e a Bologna. Con Firenze e Torino tra il 50 e il 60 per cento, Venezia, Ancona e Messina al 70 per cento, Aosta al 78 per cento. Tre ore di astensione dal lavoro, in alcuni casi, nelle piccole questure. E l'agitazione è proseguita nonostante la sera prima della protesta, lunedì, il premier Matteo Renzi avesse fissato finalmente nel 7 ottobre la data in cui incontrerà i rappresentanti sindacali del comparto sicurezza e difesa. Sul piatto, infatti, ci sono temi forti.
«Non solo gli stipendi, gli organici - sottolinea il segretario nazionale Piergiorgio Panzeri, ieri a Milano -, ma pensiamo, ad esempio, ai centinaia di colleghi interessati da procedimenti penali (noi, se sbagliamo, rispondiamo penalmente) che da anni attendono che lo stato rifonda le loro spese legali. Senza contare i tagli agli straordinari, buoni pasto e fondo produttività, la prevista chiusura di centinaia di presidi e uffici sul territorio nazionale».
Inoltre Sap, Sappe, Sapaf e Conapo, chiedono una vera
riforma dell'apparato sicurezza che razionalizzi le sette forze di polizia oggi esistenti e reinvesta i risparmi ottenuti - dai 4 ai 5 miliardi di euro - in maggiore sicurezza dei cittadini e nelle retribuzioni del personale.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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