Espulsioni flop e spesa più alta. L'accoglienza costa 5 miliardi

Strutture stracolme, le richieste di asilo sono schizzate a 130mila. Tribunali intasati: i ricorsi fermi al 2015

Foto d'archivio
Foto d'archivio

Ha infuocato la campagna elettorale, dopo la miccia accesa dai fatti di Macerata e dall'omicidio di Pamela Mastropietro. Ma è da quasi cinque anni, da quando i fondali del Mediterraneo sono divenuti un cimitero, che l'emergenza immigrazione costringe l'Italia alla solitaria ricerca di soluzioni. A oggi, però, tra promesse irrealizzate e tentativi di contenerlo, il fenomeno migratorio resta uno dei nodi strutturali da sciogliere con il prossimo governo: sbarchi in calo, è vero, ma costi dell'accoglienza in aumento, espulsioni difficili, strutture piene, commissioni per le richieste di asilo sovraccariche e tribunali intasati dai fascicoli dei migranti. Troppi i problemi ancora insoluti.

GLI SBARCHI

È solo di poche settimane fa il bollettino con cui Frontex, l'agenzia europea per il controllo delle frontiere marittime, avvertiva della ripresa degli arrivi dopo il calo registrato a seguito degli accordi con la Libia: i 4.800 stranieri giunti a gennaio, il doppio rispetto a dicembre 2017, hanno allarmato i funzionari. Eppure, ha ribattuto il Viminale, gli sbarchi di febbraio sono il 60 per cento in meno se confrontati con quelli nello stesso periodo di un anno fa. Al di là del braccio di ferro sui numeri per vedere concretamente gli effetti del calo dei flussi migratori nei centri di accoglienza e nelle aule giudiziarie ci vorranno almeno un paio d'anni, secondo gli esperti.

L'ACCOGLIENZA

Con gli sbarchi infatti non sono calate di pari passo anche le persone accolte nelle strutture, che restano stracolme. Tanto che nel 2018 le spese per i migranti saliranno a 4,7-5 miliardi, dai 4,3 miliardi dell'anno scorso, secondo le previsioni del Def: sono 183mila i richiedenti accolti nei centri, in linea con i 188mila del 2016, mentre le istanze di asilo sono aumentate, toccando quota 130mila nel 2017, rispetto alle 123mila dell'anno precedente.

I TRIBUNALI

Cifre che hanno intasato anche i tribunali, inondati di ricorsi da parte di chi si vede negare l'asilo. Le sezioni specializzate introdotte lo scorso agosto dal decreto Minniti non sono ancora decollate. Dovevano servire proprio a ridurre i tempi di attesa per le procedure, da 361 giorni, con punte di 500, a quattro mesi. A oggi quel traguardo, a detta degli stessi magistrati, è irraggiungibile per organici insufficienti e una montagna di arretrati. Da Trieste a Catania, da Milano a Firenze, passando per Bologna si stanno ancora smaltendo le istanze del 2015. Non solo. Nonostante la riforma abbia abolito la possibilità per il migrante di fare appello in secondo grado, i procedimenti vecchi continueranno fino a tutto il 2020.

LE COMMISSIONI

Un imbuto generato dal caos che regna nelle commissioni dove i migranti fanno domanda di protezione internazionale. Per potenziarle, il Viminale ha bandito un concorso da 250 posti che si è svolto a settembre, ma i vincitori devono ancora essere assegnati. Intanto gli organismi «sono allo stremo», come ha evidenziato il presidente della sezione del tribunale di Firenze Luciana Breggia nella sua relazione di inizio anno. Non solo. L'altro punto cardine della riforma Minniti, la videoregistrazione dell'audizione del richiedente asilo per velocizzare l'iter, è rimasto finora inattuato: «Il ministero ha ancora in corso la gara per la fornitura delle telecamere e dei sistemi di trascrizione automatica», certificava un mese fa la Corte d'Appello di Trieste.

I RIMPATRI

La macchina resta inceppata anche sulle espulsioni. Nonostante gli accordi bilaterali firmati con Niger, Tunisia, Egitto, Marocco e Nigeria, su 39.052 stranieri irregolari rintracciati fino a ottobre 2017, solo 17.163 sono stati allontanati. Anche i nuovi centri per il rimpatrio (Cpr), che nei piani del Viminale dovevano sostituire gli ex Cie e sorgere in ogni regione, sono fermi. Finora sono stati istituiti a Brindisi, Caltanissetta, Roma e Torino, ospitano 376 migranti.

A Potenza e a Bari sono stati avviati negli ultimi due mesi, e pochi giorni fa è stato firmato l'accordo per un Cpr in Sardegna nell'ex carcere di Macomer. Strutture che appaiono insufficienti davanti ai numeri incerti degli irregolari: a fine 2016 erano 491mila secondo la Fondazione Ismu (Iniziative e studi sulla multietnicità). Ma è solo una stima.

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