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Europa succube di Berlino Ma dal premier solo parole

Renzi in Senato ammette il complotto ordito dalla Germania contro l'Italia e Berlusconi Però al Consiglio Ue si è piegato alla Merkel e a Hollande per ottenere l'ok alla Stabilità

Europa succube di Berlino Ma dal premier solo parole

Non se l'è filato proprio nessuno Renzi all'ultimo vertice di Bruxelles. Gelo dalla Mogherini, gelo dalla Merkel, super gelo da Juncker. Persino il presidente del Parlamento europeo, il compagno socialista Martin Schulz, pare si sia molto risentito delle parole pronunciate nell'Aula del Senato il giorno prima del Consiglio europeo, che aveva come temi il referendum della Gran Bretagna per l'uscita dall'Unione europea e l'immigrazione, ma durante il quale non potevano mancare sessioni dedicate all'unione bancaria europea e al gioco di rimpalli, veti e opportunismi, soprattutto tedeschi, che la sta distruggendo ancor prima di crearla. Capiamo, quindi, il nervosismo da coda di paglia di Schulz.

«Il vero tema delle banche in Europa è una questione enorme che riguarda la prima banca tedesca, oltre che la seconda banca tedesca. Voglio essere chiaro. Io faccio il tifo perché quella banca non soltanto sia salvata, ma sia messa altresì nelle condizioni di agire per il bene dell'economia europea, perché sarebbe un assurdo pensare il contrario in una divisione nazionalista. Ma il dato di fatto è che, anziché preoccuparci dei titoli di Stato italiani o di altri Paesi che vengono acquistati dalle banche, bisogna avere la forza di dire che nella pancia delle banche, di molte realtà del credito europeo, c'è un eccesso di derivati, di titoli tossici, che credo debba portare con chiarezza l'Italia a prendere una posizione. Noi metteremo il veto su qualsiasi tentativo che vuole andare a dare un tetto alla presenza di titoli di Stato nel portafoglio delle banche, e su questo mostreremo, senza alcun cedimento, una coerenza e una forza esemplari. Contemporaneamente lasciatemi dire che, se alcuni istituti di credito del Nord Europa avessero tenuto i titoli di Stato italiani nel 2011-2012, oggi avrebbero molto più rendimento, anziché essersi messi in pancia alcune realtà profondamente discutibili e che comunque non danno un rendimento come quello che avrebbero garantito i titoli di Stato italiani a quel livello».

Ecco la lunga, ma fondamentale citazione, che ha fatto inalberare Schulz, compagno socialista di Renzi ma anche collega di maggioranza di governo di Angela Merkel. In Parlamento, il presidente del Consiglio ha denunciato la prima banca tedesca, Deutsche Bank, piena di titoli tossici e sull'orlo del fallimento, e ha denunciato l'atteggiamento della Germania nei confronti delle banche italiane, il fatto che i tedeschi guardino con troppa attenzione la pagliuzza nel nostro sistema degli istituti di credito e non vedano le travi dentro le banche tedesche.Tutto questo è estremamente grave e rilevante, e ci riporta al 2011, quando al centro della tempesta perfetta ci fu proprio la stessa Deutsche bank. Per questa ragione in Parlamento abbiamo rinnovato la richiesta a Renzi di istituire una Commissione parlamentare di inchiesta che faccia chiarezza non solo su quanto ha riguardato il settore bancario italiano negli ultimi due anni e ha causato il grave tonfo in Borsa delle ultime settimane, ma andando indietro di dieci anni, così da comprendere anche le oscure vicende che nella primavera-estate del 2011 hanno portato non solo alla più grande e duratura crisi democratica del nostro paese, ma hanno messo il nostro debito sovrano nell'occhio del ciclone della speculazione finanziaria internazionale.

Se Renzi si limiterà alle parole in Parlamento e non darà seguito anche in sede europea alle sue inquietanti dichiarazioni, che noi condividiamo, contro lo strapotere tedesco in campo economico, bancario e finanziario, e se non farà emergere la verità su quello che è successo in quel 2011, quando attraverso lo spread fu fatto cadere un governo legittimo, democraticamente eletto, e su quello che è successo negli ultimi due anni, con la speculazione internazionale pronta a impadronirsi delle banche italiane e, con esse, dell'economia del nostro Paese; se Renzi non farà tutto questo si rivelerà come al solito una tigre di carta, destinata ad essere giustamente logorata dal club degli ex premier che non vedono l'ora di farlo fuori, Monti in testa. E magari, con l'aiuto dei loro referenti internazionali, ci riusciranno.

In realtà, tigre di carta il presidente del Consiglio italiano si è già rivelato nei due giorni di Consiglio europeo appena conclusi a Bruxelles, dove ha preferito fare il terzo incomodo tra Germania e Francia per favorire il raggiungimento di un masochistico accordo con la Gran Bretagna, piuttosto che fare squadra con la Grecia per evitare la chiusura delle frontiere a Nord del paese ellenico, che dirotterebbe sull'Italia migliaia e migliaia di migranti.Con il suo atteggiamento opportunistico, sempre e solo finalizzato ad ingraziarsi Merkel e Hollande per scongiurare in primavera la bocciatura della sua legge di Stabilità tutta in deficit, unica cosa che realmente gli interessa, Renzi ha consentito che il tema dell'immigrazione, che è quello che ha più riflessi concreti e immediati sull'Italia, passasse in secondo piano, rinviato a un nuovo vertice il 6 marzo. E ha accettato a scatola chiusa, probabilmente senza neanche analizzarne i contenuti, ma per scelta (secondo lui) tattica, l'accordo che altri leader europei hanno negoziato con il Regno Unito.

Alziamo le barricate (in questo caso si può dire) quando si parla anche solo in teoria di «euro a due velocità», mentre esiste già amaramente l'Europa a due velocità. Dove da un lato c'è chi è nell'Unione ma non ha adottato l'euro e dall'altro quei paesi che sono nell'Unione e anche nella moneta unica.Le differenze più grandi sono già venute alla luce negli anni della crisi, con i paesi fuori dall'euro che hanno sofferto di meno. Dopo l'accordo di venerdì a Bruxelles la distanza si allarga ancora di più. Gli Stati fuori dall'euro si rafforzano (l'accordo è con la Gran Bretagna ma alcuni punti si applicano a tutti i paesi che sono nell'Ue e non nell'euro) e questo avviene proprio nel momento di maggiore debolezza della moneta unica e dei paesi che ne fanno parte.

D'altronde, sono stati i capi di Stato e di governo degli stessi paesi dell'Eurozona ad aver voluto l'accordo e ad averlo presentato all'opinione pubblica con entusiasmo. Come fu approvato con entusiasmo (ma, si noti bene, senza il voto della Gran Bretagna) il fiscal compact, e come fu approvata con entusiasmo la direttiva sul bail in. Salvo pentirsene anni dopo, quando se ne sono visti gli effetti nefasti. Masochismo allo stato puro.Così fra qualche anno rinfacceremo a Renzi l'aver detto di sì all'accordo Ue-Uk. Che distrugge l'Europa almeno quanto avrebbe fatto la Brexit. Un accordo da cui viene fuori un'Europa con figli e figliastri, dove Tsipras è preso a porte in faccia e i greci massacrati, mentre Cameron è osannato e i cittadini inglesi diventeranno sempre più ricchi e contenti. Un'Europa in cui vige la legge del più forte. Chi è dentro e chi è fuori l'euro. Chi è a Nord e chi è a Sud. E a perdere sempre le cosiddette cicale del Sud e a vincere sempre le insopportabili formiche del Nord.

Venerdì è stato un giorno terribile per l'Ue. A meno di dieci ore di distanza abbiamo registrato due fatti emblematici, due gravi fallimenti. Da un lato, come abbiamo visto, l'accordo con la Gran Bretagna, win-win per gli inglesi e lose-lose per tutti (o quasi) gli altri. Dall'altro, i bombardamenti americani in Libia, che ridicolizzano la linea italiana ed europea che puntava tutto su una soluzione diplomatica. E prefigurano nuovamente il protagonismo nel quadrante libico dell'asse anglo-francese, che tanti disastri ha già prodotto.Renzi come al solito non tocca palla, è in altre faccende affaccendato, le sbaglia tutte, viene solo usato e ormai è da considerarsi una mosca impazzita dentro il bicchiere. Insomma, un «bla bla man», più o meno come lo ha definito, bontà sua, il premier bulgaro. Con l'economia allo sfascio, la legge di Stabilità irresponsabile e il referendum sulle sue riforme in odore di sconfitta, per Renzi siamo all'inizio della fine.

Come non dare, quindi, ragione a Berlusconi? Prima si vota meglio è.

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