Eutanasia, un nuovo caso: "Amo la vita ma ci rinuncio"

Cieco e paralizzato, Loris Bertocco ha lottato due anni per avere assistenza. Alla fine si è arreso in Svizzera

Eutanasia, un nuovo caso: "Amo la vita ma ci rinuncio"

«Credo sia giusto fare questa scelta prima di trovarmi nel giro di poco tempo a vivere come un vegetale, non potendo nemmeno vedere. Proprio perché amo la vita, ora rinuncio ad essa. Il muro contro il quale mi sono battuto per anni è più alto che mai e continua a negarmi il diritto ad un'assistenza adeguata».

Sono coltelli le parole di Loris Bertocco, 59 anni, di Fiesso D'Artico, che mercoledì ha scelto il suicidio assistito a Zurigo, in Svizzera, come aveva fatto prima di lui Lucio Magri e dj Fabo. I suoi pensieri li ha messi nero su bianco in un memoriale affidato a Gianfranco Bettin e Luana Zanella dei Verdi, che racconta la sua storia e l'indifferenza delle istituzioni di fronte alla sua malattia. Verde storico del Veneto, era rimasto paralizzato in seguito a un incidente stradale a 18 anni, quando un'auto lo aveva travolto mentre era sul ciclomotore. Difficili operazioni, percorsi di riabilitazione, infine l'immobilità. Dal 1987 era stato anche certificato ipovedente e nel 1996 cieco assoluto. Nonostante questo avrebbe lottato, continuando anche a soffrire pur di rimanere attaccato alla vita. Ma lo Stato gli ha dato il colpo di grazia.

«Il memoriale di Loris - scrivono Bettin e Zanella - ricostruisce il suo amore per la vita, la sua tribolazione, la protesta per l'insufficiente assistenza che le persone come lui ricevono dalle istituzioni». Dal 2005 aveva ottenuto dalla Regione Veneto mille euro per pagare parzialmente una persona, che lo aiutava nel quotidiano. La moglie, però, nel 2011 aveva chiesto la separazione e senza quel supporto, avrebbe avuto bisogno di assistenza 24 ore su 24. «Ho tentato di accedere ad ulteriori contributi della Regione - si legge nel memoriale - Ho lottato due anni senza risultato. Ho avuto per un periodo due assistenti, pagandole grazie all'aiuto di amici e a una festa per raccogliere i fondi. Ma questa situazione non poteva durare». Si è rivolto al Comune, che ha presentato alla Regione la richiesta di accedere ai fondi appositi previsti dalla delibera di giunta 1177/2011 per i casi gravi. «La Commissione di valutazione, però, per ben due volte ha risposto picche - racconta ancora in quel testamento spirituale - Avrei potuto far ricorso al Tar, ma ormai ero deluso, stanco, sfinito. Sono arrivato quindi ad immaginare l'accompagnamento alla morte volontaria, frutto di una lunghissima riflessione. Credo sia giusto fare questa scelta prima di trovarmi nel giro di poco tempo a vivere come un vegetale».

Ma prima di lasciarsi andare due giorni fa ha fatto l'ultimo appello alle istituzioni chiedendo di alzare la soglia massima relativa all'Impegnativa di cura domiciliare e fisica, ferma al 2004, e ha fatto un appello in favore di una legge sul «testamento biologico» e sul «fine vita». «Visti i ritardi accumulati finora al Senato, dove la legge sul biotestamento è paralizzata dell'ostruzionismo in Commissione Sanità - commenta Marco Cappato, tesoriere dell'Associazione Luca Coscioni - c'è un'unica strada procedurale: la presidente Emilia Grazia De Biasi dovrebbe dimettersi da relatrice e i capigruppo trasmettere il provvedimento direttamente all'aula».

«Questa battaglia - dice invece il senatore di Fi Domenico Scilipoti - si trasformi, invece, in un maggiore impegno alla tutela della vita dal concepimento fino alla morte naturale». Infine il presidente della Commissione lavoro del Senato, Maurizio Sacconi, chiede che la morte di Loris induca a politiche assistenziali più intense in favore di persone fortemente disabili.

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