"Evasori, cialtroni e bugiardi". Esplode il livore di Renzi

Da Foa a Grillo, da Conte a Salvini: dalla Leopolda l'ex premier attacca tutti. Critiche anche ai democrat

"Evasori, cialtroni e bugiardi". Esplode il livore di Renzi

Restare, ma anche partire. La Leopolda dell'opposizione all'Idra gialloverde si chiude con un bagno di folla più imponente del previsto, e scroscianti ovazioni.

Ma senza una direzione di marcia chiarissima: c'è il Pd col suo congresso e i suoi candidati segretari, ma Matteo Renzi non mostra grande interesse o entusiasmo. E c'è l'esperimento nuovo dei «comitati civici» oltre il Pd, che l'ex premier invita a «costituire ovunque» chiamando a farne parte la gente più diversa («e se sono anti-Renzi valgono doppio») per allargare il perimetro ormai asfittico del centrosinistra classico, e per parlare ad un elettorato molto più trasversale, che va dal centrodestra berlusconiano al centro liberale alla sinistra non renziana, unito dall'avversione per il nuovo regime populista.

Del resto, la massiccia presenza alla nona Leopolda, nonostante la cocente sconfitta elettorale e la fuoriuscita dal potere, conferma un'idea renziana: un popolo ansioso di fare opposizione al «Salvimaio» c'è, ed è in cerca di contenitori politici capaci di incanalarlo, come il Pd non è più in grado di fare. «Non basta restare, bisogna avere il coraggio di ripartire. Serve qualcosa di più ambizioso, e non certo una nuova corrente dem», dice l'ex premier, prendendo le distanze da una stanca battaglia congressuale nella quale, peraltro, non ha neppure un vero candidato su cui scommettere. Non senza ricordare, a chi gli rimprovera la «personalizzazione» eccessiva del partito, che «con quella abbiamo vinto e perso, ma sempre facendo il 40%. Con la spersonalizzazione, invece, siamo finiti al 18%».

Picchia duro sul governo «di cialtroni» che «sta mandando il paese a sbattere», che «finge di litigare ma è incollato al potere», che sta «cancellando la legalità». A cominciare dai suoi leader: «Con il condono stanno dicendo a chi paga le tasse che è uno scemo. Del resto, Beppe Grillo ha fondato la sua carriera sull'essere pagato in nero: lo dico sempre, e non mi querela mai». E Gigino Di Maio? «Perché qualche giornalista d'inchiesta non va a vedere che interessi ha a Ischia, dove ha voluto con tutte le sue forze il condono?». E Paolo Savona: «Avessimo avuto noi un ministro con i milioni in Svizzera, ci avrebbero spellati vivi. Su di lui invece c'è una totale rimozione». E il presidente Rai Foa, «una fake news ambulante» sulla cui elezione grava l'ombra di brogli: «Ma non vogliono farci controllare le schede».

Salvini si risente per l'accusa di cialtronaggine: «Renzi mi insulta ma è stato licenziato dagli elettori», twitta piccato. «L'Italia già paga 5 miliardi di spread in più l'anno per la vostra cialtronaggine - replica Renzi - quanto ai voti, tu hai preso il 17% e noi il 18%, ma tu per una poltrona hai fatto l'accordo coi 5 stelle, noi no». Eppure, ricorda Renzi alla Leopolda, per quel governo Pd-grillini spingevano «pezzi rilevanti di establishment» con la scusa di «romanizzare i barbari» e il disegno di «trasformarci nei piccoli alleati saggi dei M5s, mentre Forza Italia avrebbe dovuto fare lo stesso con la Lega. Per arrivare ad un nuovo bipolarismo tra populismo di destra e di sinistra». E sarebbe stato «un accordo molto vantaggioso per noi, in termini di poltrone e interessi», perseguito anche da parti del Pd e stoppato solo dal no renziano.

Quei «barbari», ricorda, «erano già stati romanizzati da tempo, quando durante il mio governo pezzi importanti del sistema hanno aiutato l'opposizione grillina alle nostre riforme», a cominciare dal referendum, sconfitta che ancora brucia e che ha segnato l'inizio della fine del renzismo di governo.

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