Coronavirus

Di Maio, le distanze e la "gaffe" in diretta tv

Luigi Di Maio, si trovava a Fiumicino per accogliere gli aiuti sanitari donati dagli Emirati Arabi, è stato di nuovo protagonista dell'ennesima gaffe nel corso della trasmissione Agorà

Di Maio, le distanze e la "gaffe" in diretta tv

Luigi Di Maio è stato di nuovo protagonista dell'ennesima "gaffe". Il ministro degli Esteri stamane si trovava all'Aeroporto di Fiumicino per accogliere gli aiuti sanitari donati dagli Emirati Arabi quando si è collegato con la trasmissione Agorà condotta da Serena Bortone su Raitre.

La giornalista, nel corso dell'intervista, ha fatto notare a Di Maio che, alla sue spalle, si intravedeva un nutrito gruppo di persone, decisamente un po' troppo ravvicinate tra loro. Il fatidico metro di distanza l'uno dall'altro che ognuno di noi dovrebbe mantenere non era rispettato e così la Bortone è intervenuta per farglielo notare, ma Di Maio si è girato e ha spiazzato tutti con una gaffe che ha dell'incredibile. "Ci sono almeno 5-6 metri tra me e loro. Se vuole, misuriamo” dice a un certo punto l'ex capo del Movimento Cinque Stelle, tutto intento a pavoneggiarsi di fronte all'arrivo di un carico di 9 milioni di mascherine arrivate all'aeroporto di Fiumicino dall’Arabia Saudita. A quel punto la Bortone, dopo aver detto: "Faccia distanziare le persone dietro di lei", sconsolata, tenta l'ultima carta e precisa: "Anche tra di loro", ma è tutto inutile. Di Maio non recepisce il messaggio e l'assembramento continua.

Di Maio, il 12 febbraio scorso, durante un incontro all'estero, aveva lasciato gli auditori del tutto stupiti pronunciando 'coronavirus' all'inglese ('coronavairus'), sebbene stesse parlando in italiano. Una scelta fortemente criticata dal presidente dell'Accademia della Crusca,il professor Claudio Marazzini, che, in un testo dal titolo "In margine a un'epidemia: risvolti linguistici di un virus", aveva scritto: "Resta discutibile e poco opportuna, ed è ascrivibile alla categoria di quello che i linguisti chiamano 'snobismo': avrà sentito pronunciare così da colleghi o esperti esteri, e l'ha ripetuto a sua volta in italiano".

Per il presidente dell'Accademia della Crusca, coronavirus non si può considerare un anglismo e non è assimilabile ad altri termini come 'stedium' (stadium) e 'midia' (media)."Di fatto, in tutto il mondo, chi usa l'inglese, non dice solo 'coronavairus' (pronuncia regolarmente registrata nell'Oxford dictionary), ma anche dice 'vairus' per 'virus'. Però in Italia la pronuncia 'vairus' non ha corso. Ciò significa che gli italiani, in questo caso, per fortuna, a differenza di quanto accadde per la scelta di 'stedium' e 'midia', non hanno avvertito virus e coronavirus come anglismi", spiega Marazzini, il quale ritiene che, in questo caso, "non si tratta di scegliere come si vuole, ma di attenersi a un uso stabile, consolidato e dominante". "Del resto lo stesso Di Maio, dopo la campagna di stampa contro la sua pronuncia anglicizzante sembra aver cambiato strada.

Credo abbia fatto bene a far così", conclude il purista della lingua italiana.

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