Quella famiglia distrutta dal crollo del campanile

La torre della chiesa di Accumoli cade sulla casa: muoiono padre, madre e i due figli

Quella famiglia distrutta dal crollo del campanile

nostro inviato ad Accumoli (Ri)

Un buco rotondo rotondo nel tetto, da cui si spia un meraviglioso cielo blu cobalto, un cielo da vacanze, lo stesso che ogni estate richiama a casa gli emigrati di Accumoli. Pare lì da sempre quel buco e invece è la porta da cui il terremoto è entrato in casa della famiglia Tuccio alle 3 e 36 di notte spazzandola via in un solo colpo: padre, madre e i due bambini piccoli. Il conto delle vittime nel borgo è incerto, sette sono sicuri e ci sono almeno quattro dispersi. Ma il dramma della famiglia che viveva alle spalle della piazza principale del paese è il più crudele, quello in cui il destino si è accanito nel modo più beffardo. Katia, sorella di Andrea Tuccio, si aggira nella piazza, la gente del paese fa a turno a cercare di consolarla, lei raccoglie le forze e racconta cos'è successo, tutto d'un fiato: «Quando ho sentito la scossa sono corsa a casa di mio fratello per aiutarlo con i bambini, ma quando sono arrivato e ho visto la casa sventrata ho capito subito. Quando è iniziata la scossa i bambini sono corsi nel lettone da mamma e papà e in quel momento il campanile a fianco è crollato proprio sulla camera da letto. Non ho più niente, m'ha portato via tutto, mio fratello, mia cognata, i miei tesori». Le lacrime tornano sul viso di Katia quando nomina i due piccoli, Stefano di 8 anni e il piccolo Riccardo di appena 9 mesi.

Le frazioni intorno ad Accumoli, da Illica a Grisciano, sono state devastate. Nel centro storico invece praticamente tutte le case sono lesionate e inagibili, ma i crolli sono stati pochi. Ecco perché quello in cui sono i morti i Tuccio sembra uno scherzo atroce, il complotto di divinità capricciose: vivevano in affitto in un appartamento alloggiato nell'ex convento che secondo la leggenda avrebbe fondato lo stesso San Francesco, diventato di proprietà del Comune nel 1809. Poche case più in là i vigili del fuoco hanno tirato fuori un uomo da sotto le macerie, si è salvato finendo in mezzo a due materassi. I Tuccio invece sul loro letto sono morti tutti, nell'edificio pubblico più importante della piazza principale del paese, lo stesso che ospita la caserma dei carabinieri e la parrocchia più importante, la chiesa di San Francesco. Danneggiato a più riprese dai tanti terremoti che hanno tormentato nei secoli l'Appennino centrale, era stato restaurato dopo il sisma dell'Aquila. E invece proprio quel palazzo, il palazzo che mette insieme, Comune, Arma e chiesa, ha contato il più alto numero di vittime. Il campanile si è letteralmente staccato e si è coricato su un fianco, proprio sopra al tetto dell'ex convento. «Il restauro è stato fatto da un commissario e doveva essere anti sismico», conferma il sindaco Stefano Petrucci, un geometra che dal 2004 si è caricato sulle spalle il paesino da decenni in lotta contro l'estinzione: «E ora è un peso insostenibile - sussurra- un peso che forse darà il colpo fatale al paese». «Era così bella Accumoli», sospira la moglie del sindaco indaffarata quanto lui a parlare con i concittadini e intanto a preparare qualche borsa con i panni. Il paese intero si prepara all'esilio. «A vivere stabilmente in Paese siamo rimasti solo in 675, dovremo sfollare tutti».

E oggi va bene così, nessuno vuole restare ad Accumoli. Il paese amico, il paese dove tutti si conoscono, dove Andrea Tuccio ha trascorso in piazza con la moglie Graziella e con amici e parenti la sua ultima sera, ora ha tradito, è diventato un nemico. Lo ripetono tutti, seduti in piazza a guardare la voragine nella chiesa, una bocca spalancata dove c'era la facciata: lo vorrei bruciare, voglio andarmene e non tornare più. «Li capisco, anche io ora non so che altro dire», confida don Cristoforo il parroco polacco che è rimasto per tre ore prigioniero in canonica, perché le scale erano crollate.

«Domani ci sarà tempo per fare altri pensieri, oggi c'è solo il lutto», dice Don Cristoforo. Nove mesi fa aveva battezzato lui il piccolo Riccardo, ieri il suo campanile ha trasformato quella benedizione in una condanna.

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