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Fan di "Aska" e ammiratore di Putin: D'Orsi, il cattivo maestro dei pro Pal

Il professore, nostalgico comunista, odia Israele ed esalta la "gioia di vivere" nel regime di Mosca

Fan di "Aska" e ammiratore di Putin: D'Orsi, il cattivo maestro dei pro Pal
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Sorge dal passato un sol dell'avvenire per gli antagonisti torinesi. A difendere chi è sceso in piazza contro lo sgombero di Askatasuna arriva Angelo D'Orsi. Già professore ordinario di Storia del Pensiero politico all'università di Torino, tuttora comunista old fashion, D'Orsi - ospite di Nicola Porro a Quarta Repubblica - non ha solo difeso le ricadute a suo dire positive di Askatasuna sul territorio, ma ha anche ridimensionato la gravità dell'assalto alla Stampa che quello sgombero ha innescato.

Per il professore è stata poco più di una bravata, qualche "carta lanciata in aria" e tutto "senza nessun giornalista presente", come se per essere grave quell'irruzione fosse dovuta avvenire tra redattori atterriti. Il focus, insomma, viene spostato dalla violenza del gesto al contesto, alla redazione vuota, con l'obiettivo di minimizzare. Così da fare apparire sproporzionato lo sgombero del quartier generale della disobbedienza sotto la Mole ("Atto di un violenza incredibile", lo definisce).

E non è la prima volta che il professore di origini salernitane ma torinese di adozione sceglie di stare dalla parte degli antagonisti, candidandosi a fare da cattivo maestro, o da maestro dei soliti noti "cattivi", per restare al calembour. E se la simpatia per quelli che forse gli ricordano i rivoluzionari è coerente con la sua storia, lo è anche il ruolo: sulla cattedra a fare lezione, con il classico atteggiamento di superiorità morale di chi è assolutamente certo di aver ragione. In fondo, l'antagonismo è resistenza, lo Stato è repressione, tanto più se al governo ci sono gli eredi del Msi. A vederla così, una semplificazione degna degli algoritmi dei social pure questa postura. Che, va da sé, ha trovato spazio anche su un tema caro al fronte pro Palestina, con D'Orsi che si è distinto anche negli attacchi ai ddl di Graziano Delrio e Maurizio Gasparri, rei a suo dire di voler allargare il recinto dell'antisemitismo a qualunque forma di dissenso contro Israele, non solo contro gli ebrei.

Posizione che, però, sembra non tenere conto di un dato a dir poco sensibile. Nelle piazze, la distinzione tra la critica al governo israeliano e l'ostilità agli ebrei in quanto tali spesso non esiste, o è molto affievolita.

L'ultimo fronte caro a D'Orsi, invece, non è condiviso da tutti i pro Pal: la Russia. Il vecchio cuore comunista del professore batte ancora a Est di Berlino, come pure quelli di una certa sinistra antagonista strutturalmente anti Nato e ideologicamente anti Usa. E D'Orsi non ne fa mistero. Raccontando per esempio la sua ultima missione moscovita, per il 20esimo anniversario di Russia Today, in un irresistibile reportage che sembra ritagliato da una copia della Pravda di epoca pre-Gorbaciov. Vi si racconta la "joie de vivere" moscovita, il "clima interno di vera amicizia" della redazione di RT, la "offerta eccezionale di cibi e bevande", i lunghi applausi al caro leader Putin e al suo "discorso di alto profilo".

In esso, ci spiega D'Orsi, Putin "ha collegato la lotta per la libertà di informazione di cui RT è un mezzo potente, alla lotta per l'emancipazione dei popoli". Con buona pace per i giornalisti indipendenti ammazzati in Russia e per quelli finiti in esilio.

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