Finalmente abbiamo scoperto come WhatsApp si è adeguata al Gdpr, il nuovo regolamento europeo sulla privacy. E adesso si spiega tutto il mistero che aleggiava sul metodo di verifica che l'azienda avrebbe utilizzato. Ci si aspettava, probabilmente, qualcosa di diverso. Questo blocco, in realtà, non modifica niente. È facile da aggirare, forse persino più facile di quanto ci si aspettava. Basta mentire, ovvero dichiarare che si è maggiori di 16 anni e il gioco è fatto. A molti utenti l'avviso è apparso ieri, insieme all'ultimo aggiornamento dell'applicazione: basta confermare e tutto si conclude così, cliccando «conferma di avere più di 16 anni». Semplice e indolore: basta un'autocertificazione del giovane internauta. Se non si clicca per confermare, è impossibile vedere le conversazioni e le chat. Chi non ha aggiornato l'applicazione, non vede ancora l'avviso. Ma sarà dura trovare un adolescente che non desideri continuare a utilizzare l'applicazione come ha sempre fatto finora, senza neanche «craccarla».
Quello che lasciava perplessi, a fine aprile, appena uscito l'annuncio dell'adeguamento di Whats»pp al Gdpr, era il modus operandi che l'azienda avrebbe utilizzato per i controlli: WhatsApp non diceva come doveva essere controllata l'età dei ragazzi. E quello che si pensava era: i giovani sono svegli e se il sistema di richiesta di consenso è blando, ci mettono poco a bypassarlo. Ora, capiamo che WhatsApp applica il nuovo Gdpr (regolamento europeo sulla privacy) a sua discrezione. In teoria, il consenso, andava chiesto al genitore. L'articolo 8 del Gdpr prevede che «se il minore ha meno di 16 anni, il trattamento dei dati sarà lecito solo se e nella misura in cui il consenso è dato o autorizzato dal titolare della responsabilità genitoriale sul minore» e che «il responsabile del trattamento dei dati deve compiere ogni ragionevole sforzo per verificare in tali casi che il consenso sia dato o autorizzato dal titolare della responsabilità genitoriale sul minore, tenendo conto della tecnologia disponibile». Ma invece nulla. L'app si è adeguata al Gdpr, ma ha omesso uno step. L'adeguamento, ad oggi, a quanto pare, è solo formale e non esecutivo. L'ottenimento della sim rimane l'unico ostacolo serio da aggirare.
Il Gdpr entrerà in vigore il 25 maggio e mancano ancora 10 giorni. Non è chiaro se successivamente WhatsApp applicherà qualcosa di diverso per verificare l'età, oltre a fidarsi della semplice parola degli utenti. In futuro, probabilmente, potrà succedere una cosa che ad oggi è impossibile a causa del divieto di condivisione delle informazioni sui clienti tra le due società: i dati di Facebook potranno essere incrociati con quelli di WhatsApp per verificare l'età dei giovani internauti. Ad oggi, però, non è possibile: andrebbe a violare la norma sulla protezione dei dati.
I genitori dovranno ancora controllare a mano il telefono del figlio. Insomma, resta il caro e vecchio metodo manuale di controllo. E, diciamocelo, questo è un po' ridicolo dopo tutti i discorsi che sono stati fatti finora. Solo, tanto rumore per nulla.
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