Lasciare il partito in cui si è cresciuti è già grave, un «tradimento» per il vertice di Forza Italia, se poi si passa al centrosinistra è il massimo. L'addio dei ministri azzurri Renato Brunetta e Mariastella Gelmini, cui potrebbe seguire quello di Mara Carfagna, ha già provocato le reazioni pesanti dei vertici di Fi, ma i toni salgono ora che si parla di un progetto legato al Pd.
«Se non si è d'accordo con Berlusconi - dice Antonio Tajani- e la linea del partito, dopo aver avuto tanto, anche dal centrodestra, lo si dice e si rinuncia a tutto ma non si passa da un'altra parte. Se non sei d'accordo con il tuo partito, non passi nel campo avverso, te ne vai. Io farei così, non passerei mai nel campo contro il quale ho fatto delle campagne elettorali. Passare da ministri di Fi a fare i fiancheggiatori del Pd insieme all'estrema sinistra, bah, davvero non riesco a capirlo, mi pare ben poco coerente». Il vicepresidente azzurro ricorda che il capo della delegazione a palazzo Chigi di Fi era la Gelmini, «quindi era lei che doveva tenere i rapporti tra Fi e il governo, tra Berlusconi e Draghi». Quanto agli insulti denunciati da Brunetta in tv («Mi dicono tappo, nano, mi hanno violentato su questo») all'indirizzo anche della compagna del Cavaliere Marta Fascina, il numero due di Fi assicura: «Io personalmente non li ho mai sentiti. Ma qui il problema non è l'insulto. Qui è una questione di coerenza politica e noi siamo sempre stati coerenti con il nostro fondatore e con i valori di Fi».
In un'intervista a Repubblica la senatrice azzurra Licia Ronzulli, vicinissima al Cavaliere e ai ferri corti con la Gelmini da tempo, sostiene che la ministra «ha usato strumentalmente la decisione di Fi per dare un senso alla sua uscita. Sapevamo che stava lavorando già da 3 mesi ad un progetto alternativo al nostro con Calenda e Bonino e i toni e la velocità della sua uscita lo confermano. Ora vuol descrivere Fi sottomessa al sovranismo».
Poi rivela: «Nel novembre 2019, con la Lega in vetta, mi chiese di organizzare un incontro con Salvini per staccare dal gruppo di Fi, che guidava, 30-40 deputati. Cosa che mi rifiutai di fare». Nelle stesse ore la Gelmini apprezza su Twitter il Manifesto di Azione, dicendo che ricalca l'agenda Draghi, mentre Brunetta annuncia di lavorare ad un'unione repubblicana in stile Macron, un listone da Letta a Renzi, Calenda, Di Maio, Toti, Speranza, Bonino, per realizzare appunto il programma del governo che sta per chiudere la sua stagione.
E la Carfagna? Per la Ronzulli non strapperà. «Sono sicura -dice- che Mara, un ministro molto apprezzato, prenderà la decisione giusta, quella di continuare a contribuire al nostro grande progetto». Lei, dopo il comunicato molto critico sulla crisi di governo, tace e «riflette», ma nel suo entourage dicono che difficilmente tornerà sui suoi passi e annuncerà presto la sua decisione con una nota ufficiale.
Addirittura girano voci sulla possibilità che sia candidata-premier del centrodestra ma sembrano più realistiche le chance di Tajani. L'ex presidente del Parlamento Ue, però, smentisce: «Non sono candidato a nulla, l'importante è lavorare per presentare agli italiani un progetto per l'Italia del futuro. A me interessa che il centrodestra vinca, poi penseremo a chi alza la coppa. Perché se non si vince, la coppa non la alza nessuno...».
Nel partito i malumori non mancano, dopo Andrea Cangini, Annalisa Baroni, Roberto Caon, per l'Adnkronos sarebbe in uscita la deputata Giusy Versace, vicina alla Gelmini.
Come Claudia Porchietto, Carlo Giacometto e Roberto Novelli, mentre i campani Paolo Russo, Luigi Casciello, Marzia Ferraioli e Antonio Pentangelo aspettano la decisione della Carfagna. Laura Stabile, che ha votato la fiducia al governo, potrebbe essere un'altra vicina all'addio.
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