Cronache

La fatwa su mutilazioni e matrimoni combinati fa litigare l'islam italiano

La scelta di Ucoii dopo il caso Saman. Ma i moderati: basta la legge. Sbai: "Scioccante"

La fatwa su mutilazioni e matrimoni combinati fa litigare l'islam italiano

Una «fatwa» contro i matrimoni combinati e le mutilazioni genitali femminili. L'Unione delle Comunità islamiche d'Italia reagisce così al drammatico caso di Novellara (Reggio Emilia), dove da quasi un mese non si hanno notizie della giovanissima pakistana Saman Abbas, sulla cui sorte ormai ci sono purtroppo poche ben speranze.

La diciottenne è scomparsa dalla casa di famiglia dopo aver rifiutato - anche con una denuncia ai servizi sociali - le nozze che il suo «clan» aveva combinato per lei con un cugino in Pakistan. Le ricerche della ragazza continuano incessanti e mentre la Procura ha aperto un'inchiesta per omicidio e occultamento di cadavere, gli indagati - tutti parenti - sarebbero già sei.

Il caso della povera Saman non è il primo del genere nel nostro Paese. I precedenti più noti sono quelli di altre due giovani di origini pakistane che vivevano nel Bresciano: Hina Salem, uccisa dai familiari per il rifiuto delle imposizioni patriarcali e Sana Cheema, punita con la morte per la sua intenzione di vivere «all'occidentale», libera dai condizionamenti pseudo-religiosi del «clan» che la voleva sposata a un parente. Ma altre vicende simili sono state denunciate o scoperte, e tutte facevano riferimento a contesti familiari con logiche ferree di tipo etnico o pseudoreligioso, di matrice islamica.

Così, per dare un segnale (a musulmani e non) e per prendere pubblicamente le distanze da certe pratiche tribali innestate su una subcultura integralista molto diffusa anche in Europa - e come si è visto anche in Italia - l'Ucoii ha diffuso questo comunicato stampa, annunciando l'intenzione di emettere una sorta di verdetto giuridico-religioso, di concerto con l'Associazione islamica degli Imam e delle Guide religiose. «Fortunatamente - dice l'Ucoii - sono episodi che non hanno, per quanto a nostra conoscenza, un'estensione e una frequenza importanti ma sappiamo che all'interno di alcune comunità etniche persistono ancora situazioni e comportamenti lesivi dei diritti delle persone». L'Ucoii afferma di «respingere con forza questo tipo di concezione della condizione femminile e in generale della vita delle persone: sono comportamenti che non possono trovare alcuna giustificazione religiosa, quindi assolutamente da condannare, e ancor di più da prevenire». Quindi «per rafforzare la sensibilizzazione e aumentare la prevenzione» annuncia che emetterà «una fatwa contro i matrimoni combinati forzati e l'altrettanto tribale usanza dell'infibulazione femminile» e al tempo stesso rigetta «qualsiasi speculazione politica di questa triste vicenda che mira ad infangare l'intera comunità islamica italiana».

Apparentemente, la decisione dell'Ucoii è un passo che va nella direzione giusta, ma lo strumento prescelto è controverso. Una «fatwa», infatti, sembra aprire le porte a una sorta di ordinamento speciale che vige per i fedeli musulmani, confondendo il piano civile e il piano religioso, nel quale oltretutto non esiste un'unica autorità: l'Ucoii è solo una delle sigle esistenti, e non pare neanche maggioritaria, per quanto sia molto visibile. «In Italia i musulmani devono seguire l'ordinamento giuridico - commenta Yahya Pallavicini, leader della Coreis e imam della piccola moschea di via Meda a Milano - non sfruttare fatti di cronaca e tribalismo per costruirne uno parallelo».

«La notizia dell'emissione di una fatwa da parte dell'Ucoii è a dir poco scioccante - commenta anche Souad Sbai, già parlamentare Pdl e presidente del Centro studi Averroè - Nel 2021, in Italia, culla della civiltà e del diritto, un atto del genere è inammissibile».

Commenti