Dietro lo schermo di una fondazione «umanitaria» un alto prelato di origine argentina, monsignor Patrizio Benvenuti, e un immmobiliarista francese, Christian Ventisette, hanno truffato per anni anziani investitori, accumulando decine di milioni di euro mai restituiti ai malcapitati clienti, che pensavano di aver fatto un buon affare coniugato con un po' di beneficienza. A scoperchiare l'organizzazione (nove in tutto gli indagati) è stata la Guardia di Finanza di Bolzano, che ha eseguito l'ordinanza di arresto ai domiciliari del prete (accusato anche di riciclaggio e di evasione fiscale), firmata dal gip altoatesino Emilio Schönsberg. Ancora ricercato Ventisette, colpito da ordinanza di custodia cautelare in carcere ma irreperibile.
Al centro della truffa don Patrizio, già Cancelliere generale del Tribunale di Appello del Vicariato di Roma e coordinatore dei cappellani per la missione Nato in Kosovo (e per questo nominato Cavaliere al merito della Repubblica italiana), che nel 1989 aveva creato la Fondazione Kepha «con lo scopo di dedicarsi alla formazione dei giovani, alla conservazione e al restauro dei beni culturali, alla salvaguardia del patrimonio storico artistico e dei beni ambientali e ad azioni umanitarie a favore delle persone più disagiate». Ma il movente umanitario nascondeva, scrive il gip, «un'associazione a delinquere (...) la cui principale finalità era quella di reperire ingenti finanziamenti da parte di investitori di nazionalità francese e belga». Nella «rete», nata dall'incontro tra il prete e Ventisette nel 2001 e sviluppata grazie alle cene organizzate a Roma da don Patrizio per gli investitori, sono finiti truffati in 250: dei 31 milioni di finanziamenti raccolti, 23 milioni sarebbero finiti nelle tasche di don Patrizio e degli altri indagati «a seguito delle truffe».
A tradire i sodali, oltre alle denunce dei truffati, che tra il 2013 e il 2014, non ricevendo più interessi sui loro investimenti si erano insospettiti, anche una suora di Brunico, Agnese, già collaboratrice di don Patrizio e inconsapevolmente intestataria di un trust e di una delle società create per «nascondere» il denaro. La donna, sommersa da corrispondenza bancaria della quale non capiva la provenienza, a settembre 2014 si è presentata alle fiamme gialle mettendo in moto le indagini. Sfociate negli arresti e nel sequestro di soldi e immobili per 23 milioni di euro.
Tra questi ultimi una grande villa del XV secolo a Piombino (valore 8 milioni) che don Patrizio aveva ribattezzato «villa Vittoria» in omaggio a sua madre, e un sito archeologico a Triscina di Selinunte, in Sicilia, intestato alla Icre e riferibile al «socio» Ventisette.MMO- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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