Ha ammazzato, spacciato, sequestrato, trasformando il Nord Est italiano in terra di conquista, imponendo i metodi che aveva imparato da Cosa Nostra. Quando l'hanno preso e ha capito di non avere più scampo si è precipitosamente pentito, facendo arrestare i suoi compari e inanellando sconti di pena. Ma l'altroieri, quando lo catturano per avere trasformato in un inferno la vita della donna che vive con lui, Felice Maniero si mette a piangere come un malcapitato qualunque: «Vi prego, non arrestatemi, fatelo per mia figlia». Ovviamente non gli danno retta, e lo portano in carcere a Bergamo. Con un altro nome, quello che lo Stato gli ha regalato per le sue cantate; e con un'altra faccia, quella che si è costruito operazione dopo operazione (senza sapere chi fosse, ci mise il bisturi anche il famoso chirurgo Santanchè) per staccare del tutto la sua nuova vita dall'epopea di sangue del belloccio dagli occhi azzurri cresciuto in riva al Brenta e divenuto gangster spietato.
Maniero, oggi 65enne, è la prima vittima illustre del «codice rosso», la procedura d'urgenza volta dal Parlamento per costringere procure e questure a gestire con urgenza le denunce per maltrattamenti domestici e stalkeraggi, intervenendo prima che sfocino in tragedie. A denunciarlo è la donna con cui sta da 25 anni: dovrebbe essere la sorella di Rossella Bissello, compagna storica di Maniero, madre di suo figlio Alessandro e morta da tempo; prima di lei, negli anni in cui era ancora un criminale in servizio permanente, Maniero aveva avuto un'altra donna, Agostina Rigato, e con quella aveva avuto una figlia dal destino tragico. La ragazza (che pare non avesse mai condiviso la scelta del padre di collaborare con la giustizia) nel 2006 si buttò dalla finestra di un palazzo di Pescara dove viveva sono il nome di Eva Marini. Per la Procura si trattò di un suicidio causato da delusioni sentimentali, Maniero - quando accorse a Pescara per i funerali della figlia - spiegò di non credere al suicido, ma di pensare a una vendetta trasversale dei suoi ex complici. D'altronde pochi mesi prima era stato scoperto un complotto di alcuni reduci della banda per andare a sistemare i conti con lui.
Di gente desiderosa di sistemare qualche conto con Maniero ce n'era sicuramente in giro un bel po', da quando a marzo del 1995 la Procura di Venezia aveva fatto scattare quaranta arresti, basati integralmente sulle dichiarazioni del boss: che, rinchiuso nel carcere milanese di Opera, aveva capito in fretta che da lì non sarebbe riuscito a tagliare la corda come aveva fatto già due volte corrompendo i secondini di Padova e Fossombrone. E siccome Felice era troppo abituato alla bella vita per accettare di marcire in galera, l'unico modo per uscire di gabbia, scartata la chance dell'evasione, era saltare dalla parte dello Stato. Aveva riempito verbali su verbali, raccontando come la piccola batteria di rapinatori nata dal nulla nelle campagne a sud di Venezia, colpendo le piccole fabbriche a ridosso della Laguna, si fosse trasformata sotto la sua guida in una banda criminale organizzata e feroce, in grado di stringere accordi con i piani alti di Cosa Nostra, di scaraventare sul mercato veneto quintali di eroina, di imporre la sua legge fin dentro al casinò del Lido. Una legge imposta col sangue: a Maniero sono stati contestati sette omicidi, ma grazie al suo pentimento il 23 agosto 2010, dopo meno di quindici anni dal suo arresto, è tornato libero a tutti gli effetti.
Cosa facesse in questi anni da uomo libero, col suo nuovo nome e la sua nuova faccia, lo si scopre ieri: stava a Brescia, e aveva impiantato insieme al figlio Alessandro una ditta per il trattamento delle acque, fallita nel 2015 - secondo quanto riporta il Giornale di Brescia - perché beccata a mettere in circolazione come depurate acque piene di arsenico. Ma in qualche modo era rimasto nel ramo, visto che qualche mese fa era apparso in un video su Youtube - con le fattezze oscurate dai pixel - per annunciare clamorose rivelazioni sui veleni contenuti nelle acque degli italiani. Rivelazioni che non sono mai arrivate. Invece, una manciata di giorni fa, a un commissariato di Brescia sono arrivate le rivelazioni della sua donna, che dopo una serie infinita di maltrattamenti fisici e psicologici ha deciso di non poterne più. Venerdì all'alba, le manette.
Dice il suo avvocato Luca Broli: «Non è certo l'uomo che si può pensare nell'immaginario collettivo. Non ha negato alcuni scontri con la compagna, ma ritiene il quadro amplificato probabilmente per il suo passato criminale».
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.