Non per niente da ragazzino gli amici lo chiamavano il Bomba. Gli piaceva esagerare nelle narrazioni. Il guaio è che il vizio gli è rimasto appiccicato addosso anche adesso che è diventato grande ed è presidente del Consiglio. Matteo Renzi martedì scorso ha detto che «se il referendum passa, i 500 milioni risparmiati sui costi della politica sarebbe bello metterli sul fondo della povertà, e darli ai nostri concittadini che non ce la fanno». Un proposito lodevole considerato che il fondo destinato alle fasce di reddito più basse previsto dalla Stabilità 2016 partirà solo a settembre e potrà contare su 750 milioni di euro. Dunque, 500 milioni ne aumenterebbero la dotazione di due terzi.
Peccato che le cose non stiano così. A fare i conti ci hanno pensato due esponenti di Forza Italia, il capogruppo alla Camera Renato Brunetta e dal questore del Senato Lucio Malan. «I risparmi sul nuovo Senato sono irrisori: su un bilancio attuale di 540 milioni di euro, sarà tagliato più o meno l'8,8%, ovvero soli 48 milioni di euro», ha commentato Brunetta aggiungendo che «poco altro diverrà all'abolizione del Cnel (circa 2,3 milioni di euro) e zero dal superamento delle Province, restano infatti le spese per il personale che andrà inevitabilmente ricollocato». Insomma, conclude l'economista che cita un dossier diffuso a suo tempo dal collega Malan, «Renzi mente sapendo di mentire» perché «anche la Ragioneria dello Stato ha confermato che il risparmio nei conti del Senato, in conseguenza della riforma, è da stimare in circa 49 milioni di euro». Poco più di un euro a testa per i 4,3 milioni di poveri censiti in Italia dall'Istat.
Quei 48 milioni, infatti sono il frutto del taglio delle indennità (28 milioni al netto delle ritenute Irpef) ai senatori, che saranno sindaci e consiglieri regionali pagati dai loro enti di appartenenza, e del risparmio sui rimborsi (20 milioni sempre al netto Irpef) in conseguenza della riduzione da 315 a 100 unità.
I calcoli del dossier di Malan sono stati, infatti, confermati dal rapporto della Ragioneria emerso nello scorso giugno. Ma, come ha sottolineato ieri il senatore, sono già impegnati. E, peraltro, saranno «risucchiati dal costo del doppio turno alle elezioni politiche».
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