È il giorno delle smentite. Quelle del diretto interessato, il ministro dell'Economia che ieri ha assicurato di non volersi dimettere. E anche della maggioranza e del governo che - ufficialmente - ha confermato la fiducia al ministro dell'Economia. Salvo poi metterlo in difficoltà con una manovra che sembra sempre di più un'equazione irrisolvibile.
Ieri, dopo la notizia del Giornale a proposito degli Sms di Giovanni Tria esasperato dal braccio di ferro con Matteo Salvini e Luigi Di Maio quindi a un passo dalle dimissioni, Palazzo Chigi ha confermato il sostegno al ministro. «Tria sta svolgendo il suo lavoro con serietà ed impegno, in piena sintonia con l'azione dell'esecutivo. Tutto il resto sono fantasiose ricostruzioni destituite di ogni fondamento», hanno fatto sapere fonti della presidenza Del Consiglio. Ma il sostegno del premier Giuseppe Conte era scontato.
Quindi è intervenuto il vicepremier Luigi Di Maio. «Tria deve restare, squadra che vince non si cambia», ha assicurato il leader pentastellato. Smentita anche la sostituzione del ministro con il premier nella delicata trattativa con Bruxelles. «La trattativa con la Ue la fanno Conte con Juncker e Tria con i suoi omologhi».
Infine lo stesso ministro che ha liquidato le sue dimissioni come «un'ipotesi che non esiste».
Vero che le pressioni a restare sono fortissime. Se il responsabile di via XX settembre si facesse da parte, la credibilità dell'Italia, già bassa, precipiterebbe. Ma la legge di bilancio, a 23 giorni dalla fine dell'anno è ancora totalmente aperta. Ieri la Camera dei deputati ha votato la fiducia (330 sì e 219 no) sul testo che dovrebbe essere licenziato da Montecitorio domani.
Il passaggio al Senato sarà quello decisivo. Lì ci sarà l'eventuale modifica dei saldi per andare in contro a Bruxelles. La maggioranza non vuole arretrare ed è disposta a concedere alla Commissione una limatura dello 0,2%, portando il deficit del 2019 dal 2,4 al 2,2%. Bruxelles, facendo uno sforzo quindi riconoscendo all'Italia le circostanze eccezionali, sarebbe disposta a concedere il 2% rispetto ad un tetto massimo dell'1,9%. Mancano - come riportato dal Giornale giovedì - almeno otto miliardi di euro.
L'alternativa che Tria avrebbe posto al governo è o rinunciare a reddito di cittadinanza e quota 100 o fare aumentare l'Iva, come previsto dalle clausole di salvaguardia.
Al Senato arriverà anche il maxiemendamento con le modifiche concordate dalla maggioranza. I terreni di scontro tra Lega e M5s sono tanti.
Pesa anche lo scontro con il mondo delle imprese. Ieri Di Maio ha annunciato «un ulteriore incentivo per le imprese che assumono a tempo indeterminato» e per ridurre il costo del lavoro. Da tempo i due dicasteri dell'esponente M5S, Lavoro e Sviluppo economico, stanno lavorando a misure che servano a correggere il decreto dignità.
Il principale provvedimento economico del governo non ha avuto gli effetti sperati. Le imprese non rinnovano i contratti a termine e non assumono. Le correzioni sarebbero dovute arrivare con il Ddl semplificazioni che era in agenda per il consiglio dei ministri di ieri, ma è stato rinviato a lunedi.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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