Non c'è niente da ridere, perché dietro c'è la tragedia di un padre con due figli fuori controllo, inghiottiti dalla droga e in guerra con lui prima ancora che col mondo. Il guaio è che questo padre è un magistrato, a capo della Procura della Repubblica di una città importante come Brescia: e quando inserendo nel computer la targa di un'auto usata per una rapina a mano armata, ai carabinieri salta fuori come intestatario il nome del Procuratore, la vicenda esplode in tutta la sua potenza. E pone il Consiglio superiore della magistratura a porsi la domanda se una toga in queste condizioni può esercitare serenamente la sua funzione.
L'auto della rapina, compiuta da tre banditi armati di mitra in un piccolo supermercato, è intestata a Tommaso Buonanno, 68 anni, dal 2013 a capo della Procura bresciana. E a guidarla durante l'assalto nel negozio a Zogno, in Val Brembana, era il figlio maggiore, Gianmarco, che ieri finisce in carcere per rapina aggravata, su richiesta della Procura di Bergamo. Non c'è stupore, tra gli inquirenti. La brutta piega presa dai figli del magistrato era da tempo nota nella zona. Il minore, ultras dell'Atalanta, era stato denunciato perché coinvolto nel traffico di droga all'interno della «curva» nerazzurra. E ancora più drammatiche erano state le vicende relative a Gianmarco, il figlio che ieri è finito in cella. In passato, per cercare di portarlo fuori dal tunnel della dipendenza, il padre lo aveva fatto rinchiudere in una comunità di recupero, ma il ragazzo si era ribellato e lo aveva denunciato per sequestro di persona. Buonanno era finito sotto inchiesta, poi era stato prosciolto. Ma tra pochi giorni dovrà testimoniare nell'aula del processo ai vertici della comunità, finiti intanto sotto accusa per altre vicende. Potrà essere assistito da un avvocato, essendo un ex inquisito. Ma non sarà un momento facile, per il procuratore, perché inevitabilmente si dovrà parlare dei suoi rapporti con il figlio. Da tempo il «caso Buonanno» è sotto l'attenzione del Csm. Una procedura per valutare il trasferimento d'ufficio del procuratore per incompatibilità ambientale è tutt'ora in corso, originata sia dalla denuncia per sequestro che dall'esodo in massa di pubblici ministeri dalla Procura bresciana verificatosi dopo l'arrivo del nuovo capo. Ora, l'arresto di Gianmarco appesantisce ulteriormente il quadro. Tecnicamente, la rapina è stata commessa nel territorio di un'altra procura, quella di Bergamo, e quindi non si pone un conflitto di interessi.
Ma le modalità militari del colpo e l'utilizzo di armi micidiali non fanno escludere che scatti la competenza
della Procura antimafia di Brescia, cioè dello stesso Bonanno. E questo ovviamente sarebbe fonte di grande disagio. A meno che il procuratore, cui manca poco più di un anno alla pensione, non decida di fare un passo indietro.
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