«Buon canone in bolletta a tutti». «Governo Renzi unico responsabile». «Renzi ha seminato vento e sta raccogliendo tempesta, ha aggirato la legge per favorire i suoi amichetti del giglio magico e adesso si trova, giustamente, di fronte a una sollevazione popolare per stipendi inaccettabili».
Le tre dichiarazioni in sequenza sono firmate da Alessandro Di Battista, Luigi Di Maio e Renato Brunetta, un piccolo estratto del fuoco di fila che si sta accendendo nel Parlamento contro il premier, all'indomani della pubblicazione dei nomi dei 94 dipendenti Rai che guadagnano oltre 200mila euro (mentre resta sconosciuto il novero di coloro che guadagnano oltre i 100mila euro e naturalmente conoscere i compensi delle star). Dichiarazioni neppure paragonabili a ciò che, in termini di arrabbiatura diffusa (per usare un eufemismo) si può rintracciare sui social network e tra la gente comune.
Matteo Renzi, secondo quanto racconta il Corriere della Sera, non avrebbe preso bene la decisione di pubblicare i compensi a ridosso del pagamento del canone in bolletta. In realtà è la legge votata dalla sua maggioranza ad aver fissato il termine per la pubblicazione dell'elenco dei super-pagati e l'azienda di viale Mazzini è stata costretta a procedere in tal senso. Inoltre essendo stata la maggioranza guidata dal Pd ad aver respinto in aula l'emendamento M5S che avrebbe impedito alla Rai di sforare i 240mila euro non appare facile schierarsi sul fronte d'attacco agli sprechi Rai. A tentare l'impresa è Angelino Alfano. «In una grande democrazia come l'Italia non è possibile che il dg della Rai guadagni sei volte più del premier: se questa dirigenza continua così, sarà quella che a furor di popolo farà privatizzare la Rai» dice il segretario Ncd. Ma quello che si esercita con maggiore impegno è sicuramente Michele Anzaldi del Pd, da tempo in aperta polemica con Antonio Campo Dall'Orto. «La Vigilanza, nel 2015 aveva approvato un parere con il quale chiedeva alla Rai di mettere nello Statuto il massimale. Invece la Rai ha emesso i bond con i quali ha aggirato l'ostacolo. Tra i paperoni della Rai c'è una buona parte dello staff del direttore generale». Anzaldi, membro della commissione di Vigilanza Rai, parlando con l'Unità lascia intendere che «la Corte dei conti potrebbe interessarsi a questa vicenda», così come l'Anac. Il deputato rende ancora più tagliente il suo affondo aggiungendo che «ai compensi pubblicati si aggiungerebbero ulteriori benefit, parti variabili dello stipendio, carte di credito, abitazioni: questo dato quando verrà pubblicato? Se non arriveranno risposte, il governo dovrebbe verificare se la norma sulla trasparenza sia stata effettivamente rispettata». Bisognerà vedere ora quale risposta Renzi deciderà di mettere concretamente in campo.
Le ipotesi prevedono una immediata moral suasion sull'ad affinché decida di imporre sua sponte il tetto dei 240mila euro annui. Un'altra possibilità, più concreta, è che il tetto venga ripristinato nella legge di Stabilità, cancellando le eccezioni e le scappatoie attualmente previste.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.