Siamo nel campo delle ipotesi. Dei sondaggi e delle supposizioni. Ma il fatto che il candidato del centrodestra alle presidenziali francesi voglia resistere, non toglie nulla al calcolo delle probabilità che vedrebbe i gollisti vincenti se lui non ci fosse. François Fillon risponderà alle accuse della procura il 15 marzo. Nel frattempo, il vincitore delle primarie ignora il coro polifonico dei Républicains che lo invita all'uscita di scena, favorendo l'ingresso di Alain Juppé al suo posto nella corsa all'Eliseo. L'attuale sindaco di Bordeaux si è detto disposto a sostituire il leader designato da primarie aperte e oltre 4 milioni di voti. Perché «questa situazione fa sapere Juppé via Le Parisien sta assumendo i tratti del suicidio collettivo».
L'ex premier accusa invece la procura di omicidio politico, ma dimentica la mancanza di coerenza segnalata dai Républicains. In televisione, in radio, sui social network. In massa stanno ormai ripudiando la sua candidatura, compresi i centristi dell'Udi che l'avevano appoggiata. Quella frase «Lascio solo se indagato», poi ritrattata sta costando a Fillon abbandoni a cascata nella sua stessa squadra: ieri perfino Thierry Solèr, l'uomo ombra delle primarie, diventato portavoce della sua campagna, lo ha scaricato via Twitter.
A sparigliare le carte, l'ultimo sondaggio che vede Fillon terzo col 19% senza chance di superare il primo turno, dietro ad Emmanuel Macron (27,5%) e Marine Le Pen (25,5%). Gli istituti di ricerca hanno «testato» poi l'altro nome, uscito di scena dopo le primarie. Quello appunto di Juppé. Cosa succederebbe se fosse lui in corsa per i Républicains invece dell'indagato Fillon? Vincerebbe Juppé col 26,5%. Il 23 aprile davanti a Macron (25%) e Le Pen (24%), ma probabilmente anche al ballottaggio. «Il solo oggi a poter prendere il testimone», spiega l'ex magistrato e parlamentare Georges Fenech (LR).
La faglia sul tracciato di Fillon apertasi il 25 gennaio con le rivelazioni del Canard Enchaîné è diventata una voragine che lo sta inghiottendo. Siamo a meno di due settimane dal limite per il deposito di una candidatura alternativa e nel quartier generale di rue Firmin Gillot molti ieri portavano via gli scatoloni per non affondare con lui: dopo il responsabile per gli Affari europei Bruno Le Maire lascia anche il tesoriere Gilles Boyer. Mentre i parlamentari Benoist Apparu, Edouard Philippe e Christophe Béchu lo definiscono «incompatibile con il nostro modo di intendere l'impegno politico». Chiuso in una stanza a cui non bussa più nessuno. Da cui vorrebbero scappare i pochi che vi siedono ancora.
Nicolas Sarkozy, pilota neppure troppo occulto dell'operazione «fuori Fillon», ieri ha ricevuto i giovani del partito, anche loro dell'idea che il leader abbia sbagliato. Soprattutto a dire: «Immaginate il generale De Gaulle indagato?», in occasione delle primarie. La frase, rivolta contro Sarkò, si è rivelata un boomerang in grado di demolire la sua candidatura più dell'inchiesta della procura sui presunti incarichi fittizi alla moglie Penelope e a due dei suoi figli. Domani l'ultima operazione-verità. Fillon sarà in piazza a Parigi, al Trocadero, per capire quanti scenderanno in strada al suo fianco.
Quanti giovani (a lui fedeli fino a pochi giorni fa e ora tentatissimi dal colpo di mano di Sarkozy) lo seguiranno. E quanti indecisi andranno ad ascoltarlo davanti alla Tour Eiffel. Come dire: non basterà la claque per dirsi ancora candidato. Ma numeri da rockstar.
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