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Finta libertà nella Nazionale genuflessa

L'Europa si spacca sull'arcobaleno: tutti contro Orban e le contraddizioni Uefa

Finta libertà nella Nazionale genuflessa

Uniti fino in fondo. Persino nelle scelte etiche, sulla necessità o meno di inginocchiarsi per sostenere la causa antirazzista. La strana Italia dell'Olimpico, mezza in piedi e mezza in ginocchio, aveva incrinato l'immagine del gruppo stupendo, coeso, unito da un'armonia idilliaca che la Nazionale di Mancini ha voluto trasmettere in tutti questi giorni. E così l'Italia ha deciso: sabato a Wembley o tutti in ginocchio o tutti in piedi, alla faccia della libertà di scelta. Il presidente federale Gravina, che dopo Italia-Galles aveva detto che sulla questione ogni azzurro era libero di agire come riteneva. Poi il portavoce della federazione Corbi ha annunciato che «c'è stata un po' di confusione: i calciatori erano tutti concentrati su una partita fondamentale (quella col Galles, ndr). Ma per il futuro la squadra si confronterà al suo interno e prenderà una decisione univoca che sarà messa in pratica da tutti».

Insomma, un'Italia granitica che non ammette posizioni differenti anche su un tema così personale, ma - ci si chiede - come mai abbiamo dovuto aspettare la terza partita, quella con in campo le riserve, per vedere Belotti, Bernardeschi, Pessina, Toloi ed Emerson Palmieri inginocchiarsi come tutta la squadra gallese? Forse che i titolari sono meno sensibili alle questioni razziste? E adesso, nel faccia a faccia sull'argomento del giorno, chi vincerà? I conservatori o i progressisti?

Insomma, quello che è nato come un gesto spontaneo e dovrebbe continuare ad essere tale, rischia di imbrigliare la Nazionale nelle solite polemiche politiche. Anche se poi scopriamo di non essere i soli a strumentalizzare in un modo o nell'altro questo gesto di per sé nobile. La Francia, ad esempio, ha fatto retromarcia dopo le proteste di politici di destra che non hanno gradito la scelta e hanno minacciato il boicottaggio del tifo per i Bleus. Alla fine, rischieremo di forzare in un senso o nell'altro quella che dovrebbe essere una scelta puramente personale. Ognuno dovrebbe essere libero di decidere: certo che poi vedere una squadra tutta in ginocchio e magari un solo giocatore in piedi (o viceversa) sarebbe uno spettacolo un po' imbarazzante...

D'altra parte i temi del giorno all'Europeo sono presi in prestito dalla politica: non bastasse la questione razzista è scoppiata anche la polemica sull'illuminazione arcobaleno dello stadio di Monaco, richiesta dal sindaco della città bavarese e respinta dall'Uefa che l'ha ritenuta «politica». L'Eliseo ha attaccato: «Rammarico per questa decisione». Perché allo stadio del Bayern ieri sera era di scena l'Ungheria con tutto il coté delle proteste per l'ultima discutibile legge anti-gay varata da Budapest, criticata apertamente da Ursula von der Leyen e Angela Merkel. E Viktor Orban ha scelto di non essere allo stadio. L'Uefa alza subito le barriere contro ogni strumentalizzazione politica del calcio, salvo poi autorizzare il portiere tedesco Neuer a indossare la fascia di capitano con i colori arcobaleno, così come il capitano olandese Wijnaldum domenica a Budapest indosserà quella con la scritta «One Love». Non solo, ma addirittura la stessa federazione europea tinge poi di arcobaleno il proprio logo. Un po' di confusione anche nelle idee di Ceferin, insomma, come tra gli azzurri sul prato dell'Olimpico: peccato che contro la legge ungherese si sia già schierata apertamente la stessa Unione Europea e molti governi abbiano criticato la decisione dell'Uefa. Così la scelta di vietare i colori arcobaleno sulle pareti dell'Allianz Arena ha avuto l'effetto opposto perché gli spettatori sono stati dotati di 11mila bandierine con le stesse tinte e l'arcobaleno è stato proiettato su quasi tutti gli altri stadi tedeschi, da Francoforte a Berlino.

Il ministro della Sanità della Merkel, dichiaratamente gay, ha fatto notare che per l'Uefa è politica la scelta di contestare le leggi omofobe ungheresi, ma non lo è quella di accettare sponsorizzazioni da parte di aziende di stato russe, cinesi o qatariote che certo non sostengono i diritti umani. Ma invece di preoccuparsi dei colori esterni di uno stadio, l'Uefa non farebbe meglio ad occuparsi della fase finale su cui incombe l'incubo dei nuovi contagi inglesi?

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