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Fitch conferma la pagella dell'Italia

Il rating resta "BBB" con previsioni stabili. Ma i tassi Bce azzoppano produzione e prestiti

Fitch conferma la pagella dell'Italia
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Fitch ha confermato il rating dell'Italia «BBB» con prospettive stabili. I fondamentali sono supportati da un'economia solida e ben diversificata nonché dalla stabilità delle istituzioni finanziarie, superiore rispetto alla media. I fattori di criticità, ovviamente, afferiscono all'elevato livello del debito, al debole contesto macroeconomico e al rialzo dei tassi di interesse.

Fitch stima inoltre una crescita dello 0,9% quest'anno (un po' più della Nadef) con modesta accelerazione al +1% nel 2024. Il debito/Pil è visto in rialzo dal 140% attuale al 141% nel 2025 a causa dell'impatto del Superbonus che cifra un punto di prodotto all'anno. La sostenibilità del debito è comunque garantita dal surplus delle partite correnti, atteso in crescita, e al miglioramento della posizione netta sull'estero. Le incognite sono legate a un eventuale procedura di infrazione per extradeficit da parte dell'Ue, ma c'è ancora molta incertezza sul nuovo Patto e, in ogni caso, i Btp resterebbero sempre acquistabili dalla Bce. L'outlook sul rating, infatti, è stabile perché non si prevede una perdita dell'investment grade in quanto, come detto, il debito resta gestibile e l'attuazione del Pnrr nel 2025-26 darà supporto alla crescita.

Giudizio positivo, infine sul governo Meloni che «gode di pubblico consenso e di un'ampia maggioranza parlamentare che gli consentirà di pianificare la propria politica economica su un orizzonte più lungo rispetto alla media degli esecutivi italiani». Anche se l'attuazione del programma sarà complessa vista la congiuntura macroeconomica.

All'Italia è andata certamente meglio degli Stati Uniti cui Moody's ha confermato la «tripla A» tagliando l'outlook a negativo per la mancanza di misure di taglio della spesa pubblica o di aumento delle entrate. Indignato il Tesoro che ha ribadito la solidità economica delgli Usa.

Ieri le Borse europee hanno chiuso tutte in calo. Nell'Eurozona Parigi ha perso l'1% mentre Francoforte ha terminato in ribasso dello 0,8. Piazza Affari è stata, si fa per dire, la migliore con un calo contenuto a mezzo punto percentuale. L'intonazione ribassista, dato che le trimestrali dei gruppi quotati evidenziano risultati sostanzialmente positivi, ha una sola causa: la foga iconoclasta dei banchieri centrali che, avendo dichiarato una jihad stile Hamas all'inflazione, hanno annunciato che i tassi di interesse resteranno elevati ancora a lungo. Ieri è stata la volta del presidente Bce, Christine Lagarde. «Ci vorranno più di un paio di trimestri» prima che la Banca centrale europea inizi a tagliare i tassi di interesse, ha specificato. Frustrate le speranze degli operatori che avevano scommesso sulla possibilità che il taglio dei tassi potesse essere in qualche misura anticipato.

La Bce sta generando recessione. Lo ha confermato ieri l'Istat. La produzione industriale a settembre è rimasta invariata su base mensile mentre è diminuita d(-2% annuo).

È quello che l'ex governatore di Bankitalia, Ignazio Visco, ha definito come «sostanziale ristagno», riferendosi alla crescita zero del Pil nel terzo trimestre. Un ristagno certo non alleviato da mutui e prestiti che - ha reso noto ieri Via Nazionale - continuano a calare per le famiglie (-0,9% annuo) e le imprese (-6,7%).

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