Bepi Castellaneta
Lo chiamano Centro di accoglienza per richiedenti asilo, di fatto è ghetto. Anzi, un ghetto di Stato. Che spazza via sogni e speranze, ed è diventato terra di conquista per la criminalità. Dopo il reportage di Fabrizio Gatti sull'Espresso, che ha documentato le condizioni di estremo degrado in cui sopravvivono i migranti, e in seguito all'appello lanciato da Eugenio Scalfari ieri sulle colonne di Repubblica, il governo annuncia di voler vederci chiaro sulla baraccopoli di Borgo Mezzanone, minuscola frazione a una decina di chilometri da Foggia: qui viene smistata parte dell'umanità in fuga che sbarca quotidianamente sulle coste italiane, una serie di moduli prefabbricati sparpagliati oltre la recinzione di una vecchia pista di un aeroporto militare dismesso.
La prefettura di Foggia ha aperto un fascicolo per esaminare la situazione. Nel centro dovrebbero trovare posto 600 profughi per i quali il governo paga 22 euro al giorno, ma in realtà ce ne sono molti di più. Probabilmente il doppio. Nessuno lo sa con certezza perché i migranti entrano ed escono quando vogliono attraverso fori nella recinzione, come del resto accade in varie strutture sparse per l'Italia, altri ingranaggi della cosiddetta macchina dell'accoglienza nazionale. In realtà Borgo Mezzanone da tempo si è trasformato in un incandescente crocevia della disperazione attraversato da grandi tensioni tra gli stessi profughi. Il caso di Borgo Mezzanone è stato più volte sollevato anche a livello internazionale. Sei mesi fa è stata compiuta un'ispezione da una delegazione dell'Alto commissariato per i rifugiati dell'Onu e a giugno c'è stata la visita di funzionari dell'Ue. Ma non è cambiato nulla.
E a proposito di Ue, è di ieri la notizia che non si può espellere un cittadino extracomunitario o negargli il permesso di soggiorno solo in ragione della sua fedina penale. Lo ha deciso la Corte di Giustizia europea pronunciandosi a proposito di due casi entrambi riguardanti cittadini extracomunitari affidatari unici di minori cittadini o comunque residenti in Paesi Ue. Il primo caso è quello di Alfredo Rendón Marín, un cittadino colombiano padre di due figli minori nati a Màlaga, in Spagna ed entrambi a lui affidati esclusivamente, di cittadinanza spagnola il maschietto e polacca la femmina. L'uomo nel 2010 fa domanda di permesso di soggiorno temporaneo, ma si vede respingere la domanda a causa dei suoi precedenti penali: è stato infatti condannato in Spagna a una pena di nove mesi sospesa con la condizionale. La seconda vicenda è quella di una marocchina, C.S., sposata a un cittadino britannico con cui ha un figlio nato nel Regno Unito, e beneficiaria di un permesso di soggiorno a tempo indeterminato. Nel 2012 la donna, solo affidataria del bambino, viene condannata a 12 mesi di reclusione e le viene comunicata l'espulsione.
Masecondo la corte europea una misura di espulsione «per poter essere adottata deve essere proporzionata e basata sul comportamento personale del cittadino» extra-Ue. Inoltre tale comportamento «deve rappresentare una minaccia effettiva, attuale e sufficientemente grave per un interesse fondamentale della società dello Stato membro ospitante».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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