L a linea è chiara, ma ancora difficile da mettere in pratica. Alla vigilia della giornata cruciale in Senato, dove oggi sono attese le «comunicazioni» del premier Giuseppe Conte, la strategia del M5s per rimanere al governo passa attraverso una serie di paletti. I vertici pentastellati delineano una sorta di percorso ad ostacoli che, nei loro desiderata, dovrebbe portare a un Conte-bis sorretto da un nuovo contratto di governo con il Pd. Questa è la strada maestra, tracciata dalla riunione di domenica nella villa di Beppe Grillo a Marina di Bibbona, in provincia di Livorno. E ribadita dalla maggior parte dei parlamentari nell'assemblea congiunta di deputati e senatori che si è tenuta ieri a Roma.
«Il trend maggioritario è per andare verso il Pd» spiegano fonti presenti all'incontro. Restano gli ostacoli da evitare. Che rispondono ai nomi di Matteo Renzi e Silvio Berlusconi. Più di qualcuno, soprattutto tra chi vorrebbe ricucire con Matteo Salvini, teme l'abbraccio mortale dei dem oppure gli effetti sul consenso di un governo istituzionale. In soldoni, la paura di passare da un carnefice all'altro. Da Salvini a Renzi. In assemblea Luigi Di Maio ha continuato ad attaccare Salvini, reo di aver combinato un «disastro» aprendo la crisi «dalla spiaggia tra un mojito e l'altro». Il capo politico ha aggiunto: «Salvini ha bisogno di parlare di noi per fare notizia, è disperato». Tra un elogio a Conte e un appello al Quirinale «non apriamo né chiudiamo, la parola spetta a Mattarella», Di Maio ha rivelato: «L'8 agosto Salvini ha chiamato me e Conte per dirci che i suoi non volevano più andare avanti». Il capo politico nel primo pomeriggio aveva già incontrato il titolare del Mef Giovanni Tria.
Ma, nelle dinamiche interne, l'accordo con il segretario dem Nicola Zingaretti rappresenta l'occasione imperdibile per rottamare il gruppo di potere scelto da Di Maio. Così dall'assemblea è arrivata la richiesta di «allargare il team chiamato alla gestione della crisi». A prendere la parola per difendere la causa della «rottamazione» sono stati il senatore Mario Michele Giarrusso il deputato Paolo Lattanzio e i deputati vicini a Roberto Fico Gilda Sportiello e Riccardo Ricciardi. Si sono espressi per continuare la legislatura il deputato Federico D'Incà e il sottosegretario Lorenzo Fioramonti. Nel mirino, ancora una volta, lo staff comunicazione del M5s colpevole di «aver seguito una strategia sbagliata durante tutto l'anno di governo». A mettere il carico da novanta la deputata Emanuela Corda che ha chiesto di «lasciare spazio alle bellissime competenze dei nuovi». Nelle alte sfere, invece, si fa largo l'idea di «andare in piazza», una volta acquisite le probabili dimissioni di Conte, per esprimere solidarietà «al nostro premier» e rispondere alla mobilitazione per il ritorno alle urne già annunciata da Salvini.
Tornando all'ipotetico futuro esecutivo, per stoppare le voci di un patto con Matteo Renzi e i renziani è intervenuto il Ministro della Giustizia Alfonso Bonafede. Il Guardasigilli ha scritto un post sul Blog delle Stelle. «Non è difficile smascherare il gioco sporco che il sistema dei giornali e dei partiti sta portando avanti cercando di distrarre i cittadini dalla verità», ha esordito. E ha aggiunto: «Il Movimento non si siederà mai al tavolo con Renzi e/o Boschi».
Concetto ribadito dal ministro per i Rapporti con il Parlamento Riccardo Fraccaro a Rai Radio1: «Oggi ho voluto porre fine ad una bufala, che la Lega stava cercando di far circolare, di trattative in corso tra il M5s e Renzi e parlamentari renziani».La situazione sulla crisi è aperta, come sintetizzato dalle parole di un deputato pentastellato dopo l'assemblea: «Vedremo cosa accadrà domani (oggi ndr) è ancora difficile dire se andremo a votare oppure no».
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.