Fondi Lega, prescritti Bossi e Belsito. Resta la confisca

La sentenza: il partito deve restituire i 49 milioni allo Stato

Fondi Lega, prescritti Bossi e Belsito. Resta la confisca

Milano - La corsa contro il tempo non basta. È sera quando la Cassazione legge la sentenza che è una resa: prescrizione. Prescrizione per Umberto Bossi e anche per l'ex tesoriere Francesco Belsito la cui pena, non più per truffa ma per appropriazione indebita, verrà rideterminata in un nuovo processo d'appello. Resta il marchio che è un po' la colonna sonora di tutta questa storia: la confisca dei 49 milioni di rimborsi non dovuti e che la nuova Lega di Matteo Salvini è chiamata a restituire. Ma le condanne di primo e secondo grado svaniscono, a dispetto del forcing in piena estate davanti alla sezione feriale. Le previsioni della vigilia erano che la sabbia nella clessidra della giustizia sarebbe bastata, sia pure per 48 ore, a chiudere la partita con una condanna o un'assoluzione, ma evidentemente un calcolo più attento ha portato a una diversa valutazione. La truffa non c'è più, anche se resta il tormentone dei 49 milioni di cui Matteo Salvini afferma di non sapere assolutamente nulla.

In aula il sostituto procuratore generale Marco Dall'Olio va giù pesante: i rendiconti non solo erano generici, ma anche falsi. «Si scriveva rimborso autisti, ma in realtà - è la tesi dell'accusa - si pagavano le spese della famiglia Bossi». Quelle segnalate nella famosa cartella Family, compreso l'accredito della laurea di Renzo, il figlio del fondatore della Lega.

È l'ultimo atto del processo per la truffa ai danni dello Stato che in appello si era chiuso con la condanna di Bossi a 1 anno e 10 mesi e di Belsito a 3 anni e 9 mesi. È l'interminabile vicenda dei 49 milioni. Una cifra virtuale che diventa un cappio per la Lega salviniana; solo una minima parte del presunto tesoro è stata sequestrata e allora il futuro del movimento è stato ipotecato: le sentenze dicono che si può procedere al sequestro dei conti e degli oboli dei militanti, addirittura di quelli futuri che nulla hanno a che fare con i reati commessi, fino al raggiungimento della cifra stabilita. Anche se va detto che al termine di una lunga trattativa è stato raggiunto un accordo con la procura di Genova che prevede la restituzione del denaro in comode rate spalmate su ottant'anni.

In ogni caso i 49 milioni, erogati fra il 2008 e il 2011, rappresentano una macchia per via Bellerio, pur se con scarse ricadute sul piano mediatico, visto che tutti i sondaggi accreditano un trend di crescita inarrestabile per le truppe salviniane. Che hanno retto benissimo a tutte le campagne e le accuse, fino al caso dei rubli di Mosca spuntato di recente in un video.

In Cassazione si procede a ritmo serrato: Dall'Olio chiede la conferma delle condanne, Belsito prova a ricusare i giudici, ma il tentativo viene respinto in tempo reale e i giudici si precipitano in camera di consiglio. Una mossa che non basta per anticipare la prescrizione.

È il colpo di scena finale. «Sono anni che vanno avanti con questi 49 milioni - minimizza Salvini - a me non cambia niente. Non mi cambia la vita». Si va avanti con le rate, ma la grande rincorsa al malloppo si ferma proprio sul traguardo.

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