È il match tra Matteo Salvini e Luigi Di Maio, quello che si sta giocando al governo, per la supremazia in vista delle europee e per il dopo-elezioni. Forza Italia critica duramente i partner di Lega e M5S, che si scontrano su caso Siri come sul Salva Roma e il 25 aprile, per dimostrare chi è il più forte. I loro litigi quotidiani e veti incrociati bloccano tutto e nulla cambierà finché questo governo sarà in sella.
Gli azzurri alzano il tiro sull'alleato Salvini e lo criticano su tutti i fronti. Dice il presidente dell'Europarlamento e vice di Fi, Antonio Tajani: «Salvini è contrario al Salva-Roma, ma non si possono strangolare i romani per fare un dispetto alla sindaca Raggi o regolare i conti all'interno della maggioranza di governo. Non si può chiedere autonomia per la Lombardia o il Veneto e non affrontare la questione della Capitale. Il federalismo a macchia di leopardo rischia di creare danni al Paese». Il «braccio di ferro tra Di Maio e Salvini», come lo definisce la vicepresidente della Camera Mara Carfagna, si gioca sulle inchieste giudiziarie come su un decreto che, al di là del nome, «non contiene alcuna norma che incentivi la crescita economica del Paese». La capogruppo al Senato Anna Maria Bernini va oltre: «La maggioranza non c'è più, Conte ammetta che non ci sono più le condizioni per andare avanti».
Il vero problema è appunto lo stato dell'economia, con un debito che «scende dappertutto nell'area euro, meno che in Italia, dove sale al 132,2% nel rapporto col prodotto interno lordo e restiamo il fanalino di coda dell'Unione», dice la presidente dei senatori di Fi, Anna Maria Bernini. E, a proposito di un altro tema di scontro, il 25 aprile, con Di Maio che accusa Salvini di disertare le celebrazioni e lui che replica che la Liberazione che serve è solo quella dalla mafia, conclude che bisogna lavorare per «la liberazione da questo governo, la più urgente per il futuro del Paese».
Sestino Giacomoni cita l'aggressione alla vigilia di Pasqua di un marocchino alla stazione Termini ad un uomo con il crocifisso, per attaccare la sindaca Virginia Raggi, ma più ancora il ministro dell'Interno: «Dispiace prender atto che in 11 mesi di governo Lega-M5S nulla è cambiato in termini di sicurezza rispetto a quando governava il Pd. I rimpatri procedono al rilento e la capitale continua ad essere fuori controllo. Salvini ha detto che alzerà le misure di sicurezza e mentre lo annuncia Di Maio lo accusa di non aver fatto nulla per rimpatriare i clandestini. I dati oggettivi sono che Roma è governata dai 5S e che la sicurezza è nelle mani di Salvini».
Marco Marin parla di infrastrutture bloccate e del «tradimento del Nord», dove la Lega poggia il suo successo elettorale e dove si produce più del 50% del Pil del Paese, tra Lombardia, Veneto ed Emilia. «L'alta velocità Brescia-Padova è un'opera fondamentale per Veneto e Lombardia, sarebbe folle rinunciare. Come l'alta velocità Padova-Bologna di cui non c'è traccia nei discorsi dei gialloverdi. Per la Padova-Brescia sta ripetendosi lo schema del no per la Tav Torino-Lione». E poi, le 3 regioni hanno «già visto mortificata la legittima aspettativa sull'autonomia».
Il risultato dello scontro, per il portavoce Giorgio Mulè, è che «nel governo dei due litiganti, non c'è un terzo che gode. L'Italia arranca e l'unica possibile soluzione è mettere in castigo i litiganti nell'unico modo consentito dalla democrazia: il voto».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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