Per la prima volta, in un quarto di secolo, Forza Italia si risveglia seconda alla Lega nella coalizione e non può non far male. Ma il centrodestra, con il suo 37%, è arrivato primo e ora rivendica l'incarico per formare un governo.
Il capogruppo azzurro alla Camera, Renato Brunetta, ricorda che «il presidente della Repubblica per prassi consolidata non dà l'incarico al primo partito, ma alle forze che possono garantire una maggioranza in Parlamento». Tocca a noi, dice, non al M5s. Un «noi» che s'incarna in Matteo Salvini e non nel presidente azzurro dell'Europarlamento Antonio Tajani, ma il leader leghista parla «sempre al plurale» e assicura che non cercherà accordi strani. Dovrà, prosegue Brunetta, «trovare alleanze in Parlamento con altri partiti» e la prima prova sarà l'elezione dei presidenti delle Camere il 23-25 marzo.
Fa i conti il neosenatore toscano Massimo Mallegni: «Oltre 12 milioni di voti per il centrodestra, poco più di 10 milioni per i 5stelle e 7,5 milioni per il centrosinistra. Con oltre 1,4 milioni di voti in più il centrodestra ha ottenuto dai cittadini il mandato di governo».
Si parte da una stima di 250-260 seggi alla Camera, con un distacco di 10-15 seggi tra Fi e Lega e 130-140 seggi al Senato, dove si prevede la parità. Gli azzurri sperano che i dati finali sui collegi uninominali, riducano il sorpasso. Ingloberanno circa 4 parlamentari Udc di Lorenzo Cesa e cercano qualche «responsabile».
Ma il risultato elettorale porta anche ad un confronto interno al partito, soprattutto con l'ala «nordista» e più vicina alla Lega, che da tempo evoca il «partito unico» del centrodestra. Il governatore della Liguria, Giovanni Toti, scrive su Facebook: «Per la coalizione e per tutti i partiti che la compongono si deve aprire un'inevitabile riflessione e una fase di cambiamento che guardi al futuro del centrodestra». Rivendica il successo del «modello Liguria», con uno stretto legame con il Carroccio, chiede di «valorizzare i talenti maturati in questi anni, con meno autoreferenzialità e meno errori di quelli commessi in campagna elettorale». È chiaro che scalpita per accreditarsi come delfino. Bisogna fare i conti con la «salvinizzazione» del Nord, temuta anche da Gianni Letta. Paolo Romani, capogruppo al Senato, festeggia con la coordinatrice lombarda, Mariastella Gelmini, la vittoria del governatore leghista Attilio Fontana: «Lo schema vincente, nelle realtà locali così come a livello nazionale, è quello del centrodestra unito» .
L'ala più moderata del partito guarda verso Tajani e il presidente dell'Europarlamento, il cui mandato scade a luglio 2019, in futuro potrebbe assumere un ruolo apicale in Fi, con la benedizione del Cavaliere. «Per noi Berlusconi è punto di riferimento ineludibile», ricorda Brunetta. Sarà sempre lui a decidere un'eventuale correzione di rotta e riorganizzazione del partito.
Tra i big azzurri ognuno valorizza i propri sforzi. Il commissario in Sicilia, Gianfranco Miccichè, dice che la sua è «la regione più azzurra d'Italia, col 21% dei consensi, più 5 punti rispetto alle regionali» e il partito è stato «l'unico argine al populismo grillino».
Idem in Campania, per Mara Carfagna, dove Fi «ha retto», con un risultato superiore alla media nazionale: «A Salerno abbiamo combattuto a mani nude un sistema di potere oggi crollato. Ad Agropoli, siamo riusciti ad eleggere Marzia Ferraioli». E Maurizio Gasparri dice che nel Lazio Fi ha «un buon risultato, sia all'uninominale, sia al proporzionale».
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.