L a partita dell'autonomia fiscale è il terreno di scontro più duro tra i governatori di Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna e il governo. Il proposito, ventilato dal governatore Zaia, di trattenere i nove decimi del gettito fiscale sul suolo della Serenissima è tanto ambizioso quanto di difficile realizzazione. Molto più realistico, invece, intervenire sul fronte dell'assistenza sociale.
Ma andiamo per ordine. Il gettito Iva che nel 2016 si è attestato a 124,5 miliardi di euro non è nemmeno nelle piene disponibilità dello Stato. Si tratta, infatti, di un'imposta parzialmente destinata al finanziamento dell'Unione europea, dunque ogni manovra che la riguardi non può non essere concordata con Bruxelles, allungando ulteriormente i tempi del dibattito.
Sembrerebbe più facile «aggredire» Irpef e Ires (215 miliardi complessivamente dei quali 65 raccolti in Lombardia) considerata la loro vocazione nazionale, ma anche questa montagna è difficile da scalare. Quei tributi sono alla base dell'intero sistema dei conti pubblici: dagli stipendi della pubblica amministrazione fino ai bonus elettorali. Il silenzio del Tesoro nei due giorni successivi al referendum è più che eloquente.
Molto più semplice, invece, concentrarsi sul fronte previdenza e assistenza. Anche perché sarebbe politicamente controproducente negare al Nord qualsiasi tipo di interlocuzione sulla materia fiscale. E che, in fondo, l'attacco al residuo fiscale sia una sorta di specchietto per le allodole per tentare il colpo grosso sulle politiche sociali lo conferma anche un ascoltato interlocutore del presidente del Veneto Zaia. «Abbiamo già pronti due disegni di legge: uno è sulla regionalizzazione del Tfr, l'altro sugli assegni familiari», ha dichiarato a Mf Massimo Malvestio, gestore del fondo Hermes Linder e consulente del governatore.
In particolare, si punta a trattenere il flusso del Tfr all'Inps che «serve a finanziare il debito dello Stato centrale e quindi non lo vogliamo più dare, deve rimanere qui in Veneto», ha chiosato Malvestio. La Regione, in questo caso, si porrebbe in concorrenza con l'istituto guidato da Tito Boeri, mettendolo in difficoltà. Considerato lo sbilancio tra contributi sociali e prestazioni erogate, è chiaro che anche i soldi del Tfr finiscono per finanziare una serie di sussidi giacché il nostro sistema previdenziale non è a capitalizzazione (cioè ciascun contribuente non vede il proprio montante contributivo presso l'Inps «segregato» da quello degli altri lavoratori), ma a ripartizione. Il secondo terreno di scontro è quello degli assegni familiari. «Ne abbiamo bisogno perché la quasi totalità degli asili in Veneto è parrocchiale e quindi non riceve fondi dallo Stato: di conseguenza molti stanno chiudendo», ha sottolineato. Insomma, tenendo il trattamento di fine rapporto e qualche altra forma di contributo sociale a livello regionale sarebbe più semplice erogare welfare aggiuntivo e/o alternativo a quello statale.
È chiaro, comunque, che la grande partita si giochi sugli oltre 50 miliardi di imposte che Lombardia e Veneto vorrebbero trattenere per sé.
Se l'azzardo riuscisse anche solo parzialmente, le Regioni potrebbero abbassare la pressione fiscale diventando più competitive con i territori limitrofi inducendo alcune imprese che hanno delocalizzato a tornare in patria.
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