Cronache

La fragilità della montagna anticipa sconvolgimenti. E riguarda le vite di tutti noi

Siamo vittime di un equilibrio precario, ma al contempo ne siamo la causa. E potremmo persino essere la soluzione Ma dobbiamo muoverci su larga scala e rapidamente

La fragilità della montagna anticipa sconvolgimenti. E riguarda le vite di tutti noi

Sono colpito e scosso. Una tragedia del genere lascia il segno perché perdere una persona cara è sempre terribile, perderla in montagna porta con sé un'angoscia anche superiore. Persone ancora sotto i detriti, sotto il ghiaccio, che aspettano una sepoltura che forse non avranno è fonte di grande tristezza. Quel che rimane è un misto di angoscia e consapevolezza. Perché quanto è accaduto ci lascia in dote tante lezioni.

La montagna è fragile ma è anche la cartina di tornasole di quello che accade nelle città. I fenomeni naturali qui avvengono prima che in pianura e avvengono più rapidamente. Un'alluvione arriva dall'alto, la siccità si verifica prima in montagna che in pianura e naturalmente i ghiacciai che stanno diminuendo con rapidità spaventosa sono un segnale. Non è una novità: la novità è la rapidità con il quale questi fenomeni stanno capitando. Un fatto che ci porta inevitabilmente al tema del cambiamento climatico. Quello che è successo sulla Marmolada ha chiaramente a che fare con l'aumento delle temperature e con il riscaldamento globale. Poteva succedere ieri, tra un anno o tra un mese. Non era prevedibile il quando. Purtroppo, il caso ha voluto che capitasse nel momento peggiore, con il ghiacciaio affollato di turisti. È cosa nota: la montagna ha in sé dei pericoli. Succede. Cascano le pietre, ci sono crolli, valanghe. È sempre successo e sempre succederà. Ma un crollo di questa portata non è solo una questione meccanica. E non deve rimanere solo un fatto emotivo.

La montagna è speciale ed è un luogo estremo. Richiede rispetto. I fenomeni naturali e umani qui sono più amplificati e ci portano a vedere le cose con più brutalità ma al tempo stesso con più dolcezza. Un tramonto in montagna è bellissimo per tutti ma non va dimenticato che i ghiacciai sono anche altro. La Marmolada stessa ha dentro di sé i corpi della Grande Guerra, ogni anno vengono restituite persone ma anche oggetti, lettere d'amore, strumenti musicali e tutto quello che è stato l'apparato bellico. Nei miei libri ho sempre parlato delle montagne che cambiano, nell'ultimo La discesa infinita, racconto proprio la storia di un corpo restituito dal ghiacciaio. Perché il ghiacciaio è anche un misuratore della storia del clima. Può essere crudele e traumatico, ma anche una sorta di macchina del tempo. Il tempo dei giorni nostri ci dice che se una volta l'alta montagna era frequentabile, oggi talvolta non lo è più. Alcuni percorsi non devono essere più percorribili. Il pericolo è troppo grande, l'ambiente è cambiato e ci impone di cambiare i nostri itinerari. Meglio un sentiero in mezzo al bosco, piuttosto vicino a una parete di roccia. Il ghiaccio quando sparisce come sta accadendo sulla Marmolada lascia per decenni una situazione di grande difficoltà e impone di cambiare abitudini. Del resto il ghiaccio e la neve per i montanari sono sempre stati dei nemici, una fase di passaggio inevitabile in attesa della bella stagione. Adesso ci siamo abituati tutti a guardarli con occhi più romantici, sono paesaggi che destano un senso di meraviglia. Ma ci viene male a vederli così malridotti. È la montagna che in maniera brutale ci butta in faccia che non si può salire impunemente, non è un ambiente fatto per l'uomo. Bisogna scendere dalla montagna. Ma tutto questo, nella sua drammaticità, deve lasciarci in dote una lezione ancora più grande.

L'estate è cominciata molto presto ed è il seguito di un non inverno. E oggi la montagna ci parla e presenta il suo conto, il conto di una situazione climatica nuova che deve essere responsabilità della società perché si tratta di una situazione globale. Nessuno oggi può dire «non mi riguarda» o «non sono un alpinista». È una situazione che ci interroga in modo profondo e mette in discussione tutto, a partire dai nostri stili di vita. È arrivato il momento di cambiare e per farlo dobbiamo prima di tutto cambiare noi. Lungi da me fare sermoni moralistici ma è innegabile che noi facciamo parte della natura nel suo insieme. E da questa tragedia, da questa emergenza possiamo tutti trarre una lezione importante e stabilire un nuovo rapporto con la natura. Probabilmente è la prima volta nella storia dell'umanità in cui non c'è nessuno, in qualunque posto sulla terra, che possa dire «noi non c'entriamo niente». Tutti siamo vittime di questa situazione ma, nel contempo ne siamo la causa. È una novità che deve fare riflettere, soprattutto perché potremmo essere anche la soluzione al problema. È necessario che ci si muova su larga scala e lo si faccia rapidamente. Abbiamo in mano il nostro destino.

Testo raccolto da Matteo Basile

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