È giunta l'ora fatidica dei «responsabili»? Al Senato (dove la maggioranza giallorossa si regge su un pugno di voti, e quei voti per ora sono in mano a Matteo Renzi) il totomercato impazza.
C'è chi descrive un Conte, pochette inappuntabile ma voce tesa, che si appende al telefono per chiamare senatori di opposizione e chiedere suadente: «Ma non è che tu ci daresti una mano?». C'è chi assicura che gli aspiranti salvatori della legislatura sono già pronti a formare un loro gruppo ed entrare in maggioranza. C'è chi sogna la nascita di una nuova mini-Dc, con il solito Conte, novello Gava, sotto le insegne dello Scudo crociato.
Ma il frenetico movimentismo renziano confonde le idee anche ai più volenterosi tra i responsabili: «Domani voto la fiducia», «A Pasqua sfiduciamo Bonafede». È chiaro che chi volesse passare in maggioranza non verrà allo scoperto finché i suoi voti non saranno indispensabili, con conseguente impennata dei prezzi (politici, naturalmente), e non diranno sì: oggi non è così. Non si sa quando mancheranno i voti, non si sa neanche se il referente del governo sarà ancora Conte. Per cui fioccano solo smentite e minacce di querele dei presunti salvatori della patria, con buona pace del premier e delle sue telefonate per costruirsi un tesoretto anti-Renzi.
«La nostra metà campo è e rimane il centrodestra», assicura il senatore Udc Antonio De Poli, additato come possibile capofila dei neo-governativi. «Io tra i responsabili di centrodestra per appoggiare il governo? Non ci penso proprio, siamo alla fantasia, non uscirò mai dal centrodestra, queste notizie mi provocano danni esistenziali più che morali», lamenta Gaetano Quagliariello. «Il Centro si riunirà alle elezioni, non in Parlamento», scandisce Gianfranco Rotondi. «Smentisco qualsiasi interlocuzione con il governo o interessamento nei confronti di movimenti parlamentari finalizzati alla creazione di gruppi di cosiddetti responsabili in sostegno a un esecutivo da cui ci divide tutto», dice Massimo Berruti. «Da oggi dichiaro guerra a chi mi tira in ballo senza cognizione di causa», avverte Barbara Masini.
A metà pomeriggio, insomma, il gruppo dei Responsabili annunciato al mattino è già sciolto. E il povero Conte si ritrova, a sera, appeso comunque ai diciotto voti di Italia viva in Senato, tanto che lancia una captatio benevolentiae verso il suo Nemico pubblico numero uno: questo Renzi la tiene sulle spine?, gli chiedono i cronisti. «Non è questo Renzi, è il senatore Matteo Renzi, leader di un partito di maggioranza, Italia Viva», corregge compunto il premier.
Le smentite arrivano però anche dall'altra parte: il neo-senatore renziano Tommaso Cerno va in giro per radio e tv a sparare contro «il governo ridicolo» di Conte. Racconta che ha ricucito con Renzi (da cui è stato candidato e con cui aveva litigato ferocemente) nei giorni scorsi: «Mi telefonava due o tre volte al giorno, anche dal Pakistan mi ha mandato messaggini». E poi garantisce che gli arruolamenti di Italia viva continueranno: «Mara Carfagna sarà la prossima a venire con noi», assicura. La diretta interessata però smentisce di pensarci lontanamente.
Più possibilista Gabriella Giammanco: «Con Renzi, se condividesse le nostre idee liberali, la nostra visione di Paese, le battaglie per una giustizia giusta e contro l'oppressione fiscale, si potrebbe governare». Dal centrodestra, però.
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