Franceschini asfalta i riformisti del Pd

L'ex ministro blinda Elly: "Finita l'era dei candidati moderati per vincere le elezioni"

Franceschini asfalta i riformisti del Pd
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Chi, nel fronte riformista del Pd, oppure tra i sostenitori dell'ipotesi di un federatore centrista, sperava in un assist di Dario Franceschini per disinnescare le ambizioni di Elly Schlein come candidata premier del centrosinistra, è rimasto deluso ieri mattina, leggendo l'intervista dell'esponente dem a La Repubblica. Un leader moderato per il campo largo? "È cambiato il sistema". Per Franceschini, insomma, è finita l'era dei "Prodi e dei Rutelli". E se anche un politico dal pedigree democristiano come l'ex ministro della Cultura si "arrende" al radicalismo significa che siamo davanti a una mutazione genetica del Pd. E pazienza per le ambizioni dei vari Ernesto Maria Ruffini o di chi avrebbe voluto un ritorno in pista di Paolo Gentiloni. Sì, perché Franceschini non è uno qualunque. King maker di diversi segretari dem, da ultima proprio Schlein, il parere di "Dario" ha un peso specifico notevole all'interno delle dinamiche dei progressisti. Franceschini non nomina mai la leader del Nazareno, ma l'intervista ha il sapore di un endorsement per la segretaria, anche se c'è chi si avventura a ipotizzare un asse tra Franceschini e Giuseppe Conte. Una suggestione evocata dopo il dibattito di sabato tra i due alla Festa dell'Unità a Reggio Emilia, con l'ex premier e il suo ex ministro in piena sintonia. "Per trent'anni siamo stati abituati all'idea che per vincere le elezioni servisse un candidato moderato. Da qui Prodi, Rutelli e altri. Non è più così", è l'esordio della riflessione. Che poi vira sul calo dell'affluenza. "Oggi, con il crollo dell'affluenza, si vince dando ai tuoi elettori una ragione per non astenersi. Il centrodestra lo fa già da anni. Infatti, vincono candidati di destra come Meloni, Trump, Milei", ragiona. Di fatto è uno stop al toto-nomi per un federatore moderato.

La fuga in avanti lascia di stucco i sostenitori del riformismo in purezza. Mentre Stefano Bonaccini, sempre più criticato da chi lo ha sostenuto al congresso, alla Festa dell'Unità ha aperto a uno scenario con Schlein candidata premier, gli altri liberal tacciono. Da Pina Picierno a Lorenzo Guerini, non ci sono commenti. E c'è chi non se la sente di sfidare apertamente Franceschini, rispettatissimo da tutte le correnti. A offrire un controcanto, sempre a Repubblica, è il senatore Walter Verini, storicamente vicino a Walter Veltroni, l'architetto di quel Pd a "vocazione maggioritaria" che è rimasto un'incompiuta. "Se la destra si radicalizza, il Pd deve fare il contrario", dice. Poi sgancia la bordata: "Alcuni aspetti dell'intervista sono politicamente sconcertanti".

Le parole di Franceschini fanno anche il gioco di Conte. L'ex premier, che non ci sta a fare "il cespuglio", da mesi parla da candidato premier in pectore ed è convinto di essere apprezzato dalla base dem. Da qui l'ambizione di poter sfidare la segretaria alle primarie di coalizione. Uno scenario a cui Franceschini apre: "È la possibilità più concreta".

Mentre boccia la corsa di sfidanti civici: "I partiti della coalizione esprimano il candidato premier". Si prospetta, dunque, una partita a due tra Schlein-Conte. E, tra i dem, c'è già chi maligna: "Non è che Franceschini sta cominciando a lavorare per Conte candidato premier?"

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