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Francesco dalla Mongolia tende la mano alla Cina

Il Papa: "I leader scelgano la via del dialogo". Oggi l'ultimo giorno e il ritorno in Italia

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La mano tesa a Pechino e la preghiera, in lingua russa, per invocare la pace. Sono i due gesti che caratterizzano la terza giornata del viaggio del Papa in Mongolia, la prima volta di un Pontefice nel Paese stretto tra Cina e Russia. Al termine della messa nella «Steppe Arena» di Ulan Bator, di fronte a oltre 2mila fedeli, Francesco prende per mano il vescovo emerito di Hong Kong, cardinale John Tong Hon, e l'attuale vescovo, il cardinale designato Stephen Chow, per lanciare un nuovo, ennesimo, messaggio alla Cina. «Vorrei approfittare della loro presenza per inviare un caloroso saluto al nobile popolo cinese. A tutto il popolo auguro il meglio, e andare avanti, progredire sempre. E ai cattolici cinesi chiedo di essere buoni cristiani e buoni cittadini. A tutti», afferma Bergoglio che da giorni lancia messaggi alla Cina, un Paese con cui la Santa Sede non ha relazioni diplomatiche, ma ritenuto strategico anche per la risoluzione della guerra in Ucraina. Tanto che la prossima tappa dell'inviato del Papa per la pace, il cardinale Matteo Zuppi, sarà proprio Pechino, dopo Kiev, Mosca e Washington.

La giornata inizia con l'incontro ecumenico e interreligioso a Ulan Bator di Francesco con i rappresentanti delle confessioni e tradizioni religiose presenti in Mongolia, chiedendo che le fedi non siano «motivo di scandalo». «Nessuna confusione tra credo e violenza, tra sacralità e imposizione, tra percorso religioso e settarismo», avverte. «Se chi ha la responsabilità delle nazioni scegliesse la strada dell'incontro e del dialogo con gli altri - ammonisce il Papa - contribuirebbe in maniera determinante alla fine dei conflitti che continuano ad arrecare sofferenza a tanti popoli». Ma è la celebrazione della messa il momento culminante della giornata. Si prega anche in russo «per i governanti della società civile» affinché «la sapienza che viene dal Cielo li educhi a prendersi cura del bene comune, superando i conflitti di parte e lavorando per la pace tra i popoli e la salvaguardia della casa comune, preghiamo». Assistono al rito anche gruppi di pellegrini provenienti dalla Russia. Alcuni, dalla Siberia, hanno viaggiato per 5 giorni pur di assistere a una visita che rimarrà storica. Preghiere anche in lingua cinese - «per i sofferenti nel corpo e nello spirito» e in coreano - «per le famiglie cristiane».

Oggi ultimo giorno della visita.

Bergoglio rientra a Roma in serata.

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