Francia e Germania, i nuovi nemici a Bruxelles

Il nostro governo ha ribaltato le alleanze in Europa. Che con il Pd erano obbligate

Francia e Germania, i nuovi nemici a Bruxelles

Sedersi al tavolo del Consiglio d'Europa e contare amici e nemici. Fino a un governo fa, sembrava tutto scontato. Nella narrazione ufficiale dell'esecutivo a trazione Pd tra gli amici obbligati, da farsi piacere per forza, c'era sempre la Francia di Emmanuel Macron e - quasi sempre - la Germania di Angela Merkel. I nemici giurati, da evitare come la peste erano i cattivoni di Visegrad con l'Ungheria in testa. Con l'aggiunta qualche volta di un'Austria pronta a chiudere il Brennero. Ma è bastato che l'attuale governo respingesse un paio di imbarcazioni delle Ong e mettesse sul tavolo qualche legittima richiesta, mai avanzata dai passati governi, perché tutto si ribaltasse. O si chiarisse. La proposta di spostare in Africa il contenimento dell'immigrazione con l'apertura di centri d'identificazione in Libia e la richiesta di rivedere il trattato di Dublino con la ripartizione immediata di tutti i migranti, irregolari compresi, hanno avuto l'effetto d'una cartina di tornasole. Ora siamo in grado di riconoscere con chiarezza i nemici dell'Italia.

Al primo posto c'è la Francia di Macron decisa - con la Spagna del socialista Pedro Sanchez - a lasciare in Italia tutti i migranti sbarcati sulle nostre coste rinchiudendoli in centri d'identificazione il cui controllo non spetterebbe a noi, ma alla polizia europea di Frontex. Per comprendere la fregatura insita nella proposta basta ricordare che solo il 7% di chi arriva dalla Libia ha i requisiti per l'asilo. Grazie a Francia e Spagna verrebbero dunque ricollocate in Europa soltanto quote minime di richiedenti asilo. Tutti gli «indesiderati» resterebbero invece sul territorio di un'Italia trasformata in enorme campo profughi. Un risultato eccellente per una Francia che da tempo punta a tagliarci fuori dalla Libia e mettere le mani sul nostro gas e sul nostro petrolio. Una Francia che ultimamente non si è fatta scrupoli a far pressione sul Niger pur di bloccare la missione militare italiana mandata in quel paese per collaborare nella lotta al traffico di uomini.

Anche l'Angela Merkel, ultimamente assai solerte nel ripetere di non volerci lasciare sola con i migranti, va presa con le pinze. Dietro l'apparente disponibilità della Cancelliera si nasconde il tentativo di farci accettare un accordo sui «movimenti secondari», l'infida formuletta con cui Berlino vuole costringere l'Italia a riprendersi migliaia di disperati sbarcati sulle sue coste, ma transitati poi sul territorio tedesco. Una formula oltremodo pericolosa perché la restituzione degli indesiderati avverrebbe già domani. La creazione di «hotspot» in Libia e la riforma del Trattato di Dublino potrebbero venir approvati sulla carta, ma venir realizzati, di fatto, molto più in là nel tempo. Quanto all'Austria e ai cattivoni di Visegrad, con l'Ungheria di Orban in testa, c'è veramente da chiedersi se siano quei nemici giurati descritti dalla grande stampa generalista affetta da perenne sudditanza alle tesi del Pd e della sinistra politicamente corretta. L'Austria, a cui spetta dal primo luglio la presidenza europea, è stata la prima a sostenere la necessità di spostare sulle coste dell'Africa settentrionale le politiche di contenimento dei flussi migratori. E i Paesi di Visegrad si sono detti d'accordo. Certo continuano a vedere come il fumo negli occhi le ripartizioni dei migranti. Ma si riferiscono ai numeri ipotizzati quando la regola era lasciare aperto l'accesso all'Europa.

Con la creazione in Libia e dintorni di centri d'identificazione - dove selezionare chi ha diritto d'arrivare in Europa e chi deve invece tornare al Paese d'origine - il numero dei richiedenti asilo da suddividere tra i Paesi Ue si ridimensionerebbe enormemente. E a quel punto neanche i cattivoni di Visegrad risulterebbero così cattivi come li disegnavano il Pd e gli altri amici italiani di Macron.

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