Francesco De Remigis
Due ore e mezza in prima serata dominate dal tema sicurezza e immigrazione scandiscono la maratona elettorale che finora ha visto Emmanuel Macron testa a testa con Marine Le Pen per la vittoria finale del 7 maggio. Ieri il primo dibattito tra i cinque principali candidati all'Eliseo è servito a definire meglio il probabile secondo classificato al primo turno (23 aprile), a oggi Macron.
Il leader di En Marche è stato spesso il bersaglio. Preso di mira da destra, col repubblicano François Fillon che lo rincorre e dice «sarò io il presidente che libererà la Francia dalla burocrazia e proteggerà i francesi da violenze interne ed esterne affrontando il pericolo del fondamentalismo». BleuMarine, invece, cerca di far dimenticare le inchieste che la riguardano rilanciando la «sovranità nazionale»: rinegoziare i trattati con l'Ue perché «i francesi non ne possono più di sentire che questo o quello non si può fare, perché lo vieta l'Ue o la Corte europea». «Voglio fermare l'immigrazione legale e illegale, lo dico chiaramente. Dobbiamo avere frontiere nazionali perché non possiamo contare sugli altri Paesi, guardare ai 7 milioni di disoccupati francesi e ai 9 milioni di poveri, tagliare le sovvenzioni agli immigrati, come la casa e l'aiuto medico, farò una politica di dissuasione». Le Pen, quasi certa del ballottaggio, non lesina frecciate a Macron che «vuole il burkini sulle spiagge». L'indipendente la interrompe: «Non ho bisogno di un ventriloquo per parlare» e la smentisce: «Ci sono i giudici amministrativi, non voglio provvedimenti che mettano le persone le une contro le altre». Il leader di En Marche attaccato anche da sinistra: da Benoit Hamon, a cui ha già sottratto voti e «grandi elettori» Ps. Lo accusa d'essere sostenuto da lobbisti e grandi industrie. Jean-Luc Mélanchon insiste sulla «moralizzazione della vita pubblica». Macron risponde alle provocazioni: «Sono qui perché ho lavorato, non come uomo di partito, sono stato funzionario, banchiere, ministro e ho preso le mie responsabilità lasciando il governo (Hollande, ndr) per un movimento nuovo». Scandisce i concetti. Meglio di due mesi fa. Si è rivolto a uno specialista della voce dopo i pessimi inizi quando fu bersagliato di parodie. «Non sarei qui oggi se avessi seguito logiche di partito», come Hamon. Le Pen, davanti a una Francia che vanta 4 indecisi su 10, punta su un mix su scuola-sicurezza-lavoro: «Se non c'è pace nelle scuole, non c'è trasmissione del sapere. Nessuno contesta la laicità, ma siamo stufi di rivendicazioni alimentari e di abbigliamento, gli imprenditori non sanno più che fare di fronte a queste difficoltà. Voglio scrivere nella Costituzione che la Repubblica non riconosce nessuna comunità». Resta il Concordato. Dello stesso avviso Fillon, che ha la sua ricetta: «La religione cattolica ha accettato le regole. Non abbiamo conosciuto gli stessi problemi che stiamo vivendo con l'islam. Dobbiamo estirpare l'integralismo degli imam con i tribunali ed evitare che la religione destabilizzi la Repubblica. Salafismo e Fratelli musulmani combattono i valori della Francia».
Tutti, tranne Mélanchon, d'accordo sulla necessità di potenziare le forze dell'ordine. Ma il socialista Hamon non vuole una Francia «bellicosa» come Le Pen («certezza della pena e severità»), promettendo una presidenza più «onesta e giusta». La vigilia dava Le Pen al 26%, Macron al 25%. Perdevano qualcosa in favore di un Fillon al 18%.
Ieri unico a proporre la cancellazione delle 35 ore in materia di lavoro e a confermare il «divieto del velo nelle scuole» sogna il secondo posto. Hamon resta al 12,5%, Mélanchon all'11,5%, ma le suona socialista annunciando «la fine della monarchia presidenziale e l'uscita dal nucleare».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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