Politica

Frattura con gli eletti 5s tra sconcerto e sbadigli

In assemblea con l'alieno. Giuseppe Conte si sforza, promette incontri con i parlamentari "in un giorno fisso, uno alla Camera, uno al Senato"

Frattura con gli eletti 5s tra sconcerto e sbadigli

In assemblea con l'alieno. Giuseppe Conte si sforza, promette incontri con i parlamentari «in un giorno fisso, uno alla Camera, uno al Senato». «Vi prenotate e mi venite a parlare», rivendica di essere a disposizione dei gruppi. Eppure non si prospetta la fila di deputati e senatori con il ticket in mano, ansiosi di essere ricevuti dall'ex avvocato del popolo italiano. E, come spesso accade nel rapporto tra il leader e gli eletti, i tentativi di dialogo da parte dei vertici vengono vissuti come delle mere concessioni dai rappresentanti del M5s a Montecitorio e Palazzo Madama. La riunione congiunta di martedì sera, con il dibattito che si è protratto fino alla nottata, ci ha offerto uno spaccato dell'incomunicabilità tra il professore dell'Università di Firenze e la brigata dei grillini sbarcati in Parlamento dopo il successo alle politiche del 2018. Conte parla. Passa dal Quirinale alla cervellotica organizzazione del partito. La gran parte dei parlamentari presenti - tanti sono arrivati a Roma ieri - sbuffa e si annoia. «C'è da impazzire», commenta una partecipante all'incontro. «Conte è stato flemmatico più di sempre», ribadisce un collega. Sul filo del paradosso, un deputato alla seconda legislatura ci spiega: «Io non ho capito cosa sono questi comitati tematici». Nemmeno chi è entrato nel toto-nomi per ricoprire un ruolo nei gruppi di lavoro sa bene cosa dovrà fare. «Ci hanno fatto arrivare fino a notte per sfiancarci», borbotta un altro parlamentare. Verso le undici di martedì sera - raccontano alcuni presenti - un gruppetto si è alzato e se ne è andato per paura di non trovare un posto aperto per mangiare un boccone, magari una pizza.

Il senatore e giornalista Primo Di Nicola, in un'intervista a Repubblica, si dice sempre convinto che sia «un autogol il divieto di andare in tv». Sul punto si è infiammato anche il deputato Francesco D'Uva. Come riporta l'Adnkronos l'ex capogruppo a Montecitorio ha stigmatizzato la scelta di mandare in tv solo i cinque vice di Conte, giudicandola «esagerata». Sulle barricate l'ex ministro Vincenzo Spadafora, che ha denunciato «pressioni al Senato sul voto per il capogruppo». Nel mirino Paola Taverna e Mario Turco, pretoriani di Conte a Palazzo Madama. Intanto il resto della truppa, incassata la rassicurazione sul no al voto anticipato, stava già cadendo tra le braccia di Morfeo. «Peccato che non è venuto Beppe (Grillo, ndr), almeno lui avrebbe fatto uno show dei suoi», commenta uno dei reduci dall'assemblea. Una riunione convocata per compattare i gruppi, ma che si è limitata a confermare come il capo e tanta parte dei «suoi» parlamentari parlino due lingue diverse. «La verità è che noi Conte non lo conosciamo», sospira un pentastellato.

Perciò in Parlamento rimbomba il nome di Grillo. Molti gli telefonano per chiedere un intervento. Tra gli stellati si ipotizza che abbia deciso di rinviare l'arrivo a Roma perché infastidito dalla fuga di notizie sul suo blitz. La speranza è che possa presentarsi la prossima settimana, anche se l'approssimarsi dell'udienza preliminare del figlio Ciro smonta le attese. Non manca chi favoleggia di «una camera prenotata all'Hotel Forum», il quartier generale romano del Garante.

Ma la stanza, per il momento, è vuota.

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