Frenata degli scienziati "Non è un'emergenza" L'ira dei medici su Conte

Ricciardi e Fontana: poco più di un'influenza Rivolta dei dottori dopo le critiche del premier

Frenata degli scienziati "Non è un'emergenza" L'ira dei medici su Conte

L'allarme coronavirus va ridimensionato. Oms, istituzioni e (alcuni) medici rallentano rispetto ai giorni scorsi. Spiegano che l'infezione è sì aggressiva e rapida nella sua diffusione ma nel suo decorso è molto meno peggio di quanto si pensasse inizialmente. Salvo il 5% di casi gravissimi e il 3% di decessi tra anziani e soggetti deboli, per il resto è stata declassata a «poco più di un'influenza». «È giusto non sottovalutare il virus ma la malattia va posta nei giusti termini» chiede Walter Ricciardi dell'Organizzazione mondiale della Sanità, sulla falsariga del governatore lombardo Attilio Fontana.

A frenare l'ondata di panico sull'epidemia è anche l'Istituto superiore della sanità. Tuttavia Antonino Bella, del dipartimento malattie infettive dell'Istituto, spiega come non abbia alcun senso paragonare il virus all'influenza stagionale che, andando a vedere i dati, fa più morti dell'infezione cinese. I ricercatori dell'Istituto hanno calcolato che i casi di morte per influenza potrebbero essere 8mila all'anno, a causa di polmoniti e complicanze varie ma i casi accertati in laboratorio con il tampone sono solo trenta.

E mentre la comunità scientifica cerca un aggiustamento di rotta sull'emergenza coronavirus, arriva un'altra doccia fredda. Sono le parole del premier Giuseppe Conte, che parla di una «falla» nel sistema sanitario per colpa della quale si è sviluppata la rete dei contagi. Il riferimento è all'ospedale di Codogno, dove si è presentato Mattia, il cosiddetto paziente uno, accusando sintomi compatibili con il coronavirus. Se i medici se ne fossero accorti subiti, dice il premier tra le righe, non saremmo in questa situazione.

A sentirsi offesi dall'affermazione non sono solo i medici di Codogno ma tutte le équipe di camici bianchi coinvolte in questa storia: i medici e gli infermieri che hanno preso il virus dai pazienti che hanno curato, quelli in quarantena in ospedale che, seppur negativi ai test, da giorni non tornano a casa per non mettere a rischio la famiglia (e per aiutare in corsia). Quelli che non conoscono più giorno e notte talmente tanti turni hanno fatto da venerdì scorso. E ancora quelli che, pur essendo di riposo, si sono presentati al lavoro volontariamente per dare una mano.

«Non mi sento di criticare o mettere sulla graticola i colleghi - reagisce l'Infettivologo Massimo Galli, primario all'ospedale Sacco di Milano - che tra l'altro hanno pagato uno scotto altissimo visto che molti di loro hanno l'infezione e stanno combattendo, in qualche caso, tra la vita e la morte. Il paziente uno in quel momento non aveva nessuno dei criteri che lo potessero far identificare come un caso sospetto secondo quanto dettato dall'Oms».

Il presidente dell'Ordine dei Medici di Milano Roberto Rossi avrebbe preferito che il premier «si tenesse quelle parole per sé, soprattutto in questo momento e dopo giornate in cui si è fatto di tutto per contenere i contagi. Se pensa ci sia stata qualche irregolarità a Codogno nel rispetto dei protocolli - sostiene - allora faccia un'ispezione, ma parlare così adesso non ha senso».

La critica di Conte arriva, tra l'altro, dopo una serie di dichiarazioni pre coronavirus in Lombardia

in cui il premier tranquillizzava tutti e invitava a non esagerare. Suscitando le ire del virologo Roberto Burioni che già aveva previsto l'ondata di casi e chiedeva alla politica un intervento. Che c'è si stato. Ma dopo.

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