Il fronte dei ministri: riattivare gli organi di partito

Il day after di Brunetta, Carfagna e Gelmini dopo il malumore espresso al gruppo

Il fronte dei ministri: riattivare gli organi di partito

Roma. «Disagio» e «malcontento» diffusi, dicono Renato Brunetta e Mara Carfagna, appoggiando la forte critica di Mariastella Gelmini alla conduzione di Forza Italia, in occasione della nomina del capogruppo alla Camera. I tre ministri azzurri non si sentono coinvolti nelle decisioni di partito, dicono di aver perso il rapporto personale con Silvio Berlusconi e lamentano di non venire consultati. Ma tutti e tre ribadiscono con forza che il loro impegno è il rilancio di Fi, per migliorare gli equilibri nel centrodestra, non certo per arrivare ad uno strappo.

La ministra per le Regioni, che dopo lo sfogo di fronte ai deputati azzurri è stata dipinta come guida di una rivolta interna dei «governisti» contro i «sovranisti», non accetta il ruolo e fa sapere di voler solo dar voce appunto ad un'insofferenza verso le imposizioni dei leader di Lega e FdI, com'è stato per i candidati alle Amministrative. Ma nelle sue intenzioni, assicura, nessuna rottura con il Cavaliere. Che a Bruxelles nega che le accuse siano vere ma anche che ci sia da preoccuparsi. E l'impressione è che rientrerà anche questa crisi.

Brunetta, però, ammonisce in una nota che è «inutile ignorare quanto accaduto ieri (mercoledì, ndr) tra persone che ambiscono solo a rilanciare Fi, che ha un'occasione da cogliere ma vive un momento di difficoltà innegabile». Il ministro per la Pubblica amministrazione voleva con le due colleghe candidare Sestino Giacomoni al posto del capogruppo Roberto Occhiuto, eletto presidente della Calabria. Tentativo stroncato dal Cav che ha designato Paolo Barelli, molto vicino al coordinatore Antonio Tajani, senza lasciar spazio ad elezioni.

Ora Brunetta ribadisce che «il malcontento c'è, e diffuso» e la Gelmini «ne ha dato corretta raffigurazione». Lui stesso, rivela, l'ha ribadito mercoledì pomeriggio a Berlusconi, presente Tajani. «Il malessere -dice il ministro - è figlio soprattutto della sospensione, causa pandemia, del funzionamento degli organi di partito in cui naturalmente si discute. Occorre riattivarli a ogni latitudine: centrale e periferica, per fare anzitutto una compiuta analisi dell'attuale situazione politica, risultati delle elezioni amministrative compresi, e della linea politica da tenere, anche in vista delle prossime scadenze elettorali, in cui ambiamo a risultati più adeguati a storia e potenzialità di tutti noi. Ben vengano i vertici del centrodestra, ma certo non possono esaurire la vita di partito».

Il problema, insomma, è che i ministri volevano essere ascoltati dopo il voto e in vista dell'incontro tra i leader del centrodestra e non accettano di essere stati tagliati fuori.

Anche per la Carfagna la Gelmini ha espresso «un disagio diffuso e profondo» e «far finta che tutto va bene non è la migliore soluzione per chi vuole bene al proprio partito». La Gelmini, dunque, ha avuto «il merito e il coraggio» di dire quello che altri pensano ma non dicono.

La ministra per il Sud fa l'esempio di un'azienda: «Quando dimezza il proprio fatturato si riunisce il cda e si ragiona sulle azioni da intraprendere, perché altrimenti l'azienda fallisce. Forse ci si aspettava questo e non è accaduto».

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