Il furbo Veltroni meglio di Prodi

Il lettore mi consenta una confidenza: il fatto che Giorgio Napolitano mediti di dimettersi da capo dello Stato mi spaventa perché il suo successore potrebbe farmelo (farcelo) rimpiangere. Nel peggio, è noto, non c'è fondo. A onor del vero, l'attuale presidente fin dal giorno della sua rielezione dichiarò che non avrebbe portato a termine il mandato, immagino per un problema di età. Il 9 giugno 2015 egli compirà 90 anni ed è normale che desideri rilassarsi e non avere più a che fare con i galletti del pollaio politico. Lo comprendiamo. Pertanto non ci stupiamo che si avvicini il momento dell'addio.

A suo tempo, questo Parlamento non riuscì a scegliere un degno sostituto di Napolitano, e tutti ricordiamo il pasticcio combinato da senatori, deputati e rappresentanti di Regioni. Un accordo politico non fu trovato, a dimostrazione di come fossero (e siano) ridotte le nostre istituzioni. Ora qualcosa (poco) è cambiato, e non è detto in meglio. Vedremo che succederà qualora imminentemente fosse necessario selezionare un nuovo custode della Costituzione, come usa dire con una forzatura. Non è nostra intenzione fornire suggerimenti al Palazzo né vogliamo partecipare alla lotteria delle candidature. Ci limitiamo piuttosto ad alcune considerazioni.

Il pretendente principale al Quirinale, oggi quanto un anno e mezzo fa, ha un volto famoso, Romano Prodi, che per la sinistra è sempre stato un jolly. Quando i progressisti hanno esaurito i santi a cui affidarsi per togliersi d'impiccio, si rivolgono a lui; e lui, di riffa o di raffa, se la cava. Succederà anche stavolta? Temiamo di sì, ma speriamo di no. D'altronde crediamo che Matteo Renzi,(...)

(...) rottamatore per antonomasia, sarebbe in imbarazzo a dare il via libera al simbolo della vecchia politica, non dico un cariatide, ma quasi, cioè un signore uguale a quelli che il premier ha destinato allo sfasciacarrozze. Mi auguro di essermi spiegato senza avere bistrattato il cosiddetto Mortadella, da noi stimato se non altro perché è stato l'unico ad aver battuto due volte l'allora imbattibile Silvio Berlusconi.

Posto che il centrodestra non ha - né ha mai avuto - la forza parlamentare per issare al Quirinale un uomo del proprio seme, qui occorre puntare su un tizio di sinistra, uno che però dia le garanzie di essere se non il miglior fico del bigoncio, almeno non il peggiore. L'orientamento generale dei frequentatori delle Camere è di dare la preferenza a una donna. Perché? Le signore, specialmente se bellocce, sono di moda tra i rappresentanti del popolo. Si fanno i nomi del ministro della Difesa, Roberta Pinotti, e della senatrice Anna Finocchiaro, contro le quali non abbiamo nulla. Ma non ci sembrano adatte al ruolo: la prima perché non è abbastanza conosciuta dalla gente, non avendo compiuto opere tali da porla in evidenza; la seconda perché ha un neo nel curriculum, un carrello dell'Ikea trascinato dalla scorta. Episodio esteticamente aberrante.

Mi rendo conto: sono sciocchezze. Ma in politica le sciocchezze pesano assai.

Per non farla troppo lunga, colui che ci sembra più attrezzato per salire al trono presidenziale è Walter Veltroni. Non inorridite. Parlo con cognizione di causa. Veltroni è stato tra i più giovani dirigenti di Botteghe Oscure, quando queste esprimevano ancora i comitati centrali del Partito comunista. Ma già all'epoca egli era abbastanza paraculo - nell'accezione positiva del termine, per carità - e agiva con grande eleganza, senza mai umiliare nessuno. Morbido e garbato, fu capace di dire una cosa che in bocca a un altro avrebbe avuto il tono di una solenne presa in giro: essendo io kennediano, mi sono iscritto al Pci in quanto anticomunista. Fu talmente abile da far passare questa evidente contraddizione quale indizio di sincera democraticità. Nessuno infatti lo redarguì, nel suo e in altri partiti, per aver pronunciato una simile bischerata.

Uno bravo come lui nel girare la frittata senza scottarsi non era e non è mai esistito. Un italiano perfetto, un democristiano in pectore fin dalla più giovane età, che non ha rivali nell'arte camaleontica di assumere il colore politico in voga. Lo avete mai sentito, Walterone, dire una parola storta su Matteo Renzi? La sua prudenza e conoscenza del mondo è fuori dubbio: se c'è un carro che promette di arrivare primo al traguardo, state sicuri, lui non ne ostacola mai la corsa verso il trionfo. Veltroni ha un intuito pazzesco: va sempre dalla parte del vincitore. E ha una dote: tratta gli sconfitti con umanità, pur disprezzandoli. Non li uccide, li tortura un po', poi regala loro la patente di liberti. Non fa schiavi perché si scoccerebbe a doverli amministrare.

In una circostanza, egli disse che, se avesse perso la sfida con Berlusconi alle elezioni del 2008, si sarebbe ritirato in Africa a fare del bene ai neri (non ho scritto negri) bisognosi di aiuto. Perse quella sfida, ma dimenticò l'impegno nei confronti del continente sfigato. Queste tuttavia sono sottigliezze e, alla fine, depongono a favore del kennedian-comunista per sbaglio, poiché sono la prova del suo savoir vivre .

Lo affermo rifuggendo da ogni ironia: il Paese ha bisogno di avere un proprio emblema al Quirinale. Un paraculo più educato di Veltroni non c'è, quindi che diventi presidente e morta lì. Tutti noi italioti ci specchieremo in lui, senza vergogna.

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