C'è più che mai bisogno dell'impegno Usa per sedare conflitti potenzialmente dirompenti e assicurare uno sviluppo economico quantomai necessario nel Mediterraneo orientale. È questa la conclusione a cui è giunto Roudi Baroudi, uno dei più accreditati esperti nel settore energetico, intervenuto al forum Athens Energy Dialogues, in Grecia. Quello del petrolio e del gas è uno dei punti essenziali per gli equilibri geopolitici non solo dell'area, ma di tutto il panorama Mediterraneo e mondiale. «Questa parte del mondo ha una lunga e dolorosa esperienza di instabilità -ha notato Baroudi - e gli eventi recenti indicano che gli ingredienti per ulteriori conflitti sono ancora, decisamente, sul tavolo. Per sfruttare il potenziale offerto da petrolio e gas, dobbiamo imparare dalla nostra storia condivisa ed evitare di ripeterla».
Un appello accorato a usare le risorse della diplomazia, invece che quelle del conflitto, che arriva da un veterano del settore energetico. Baroudi è Ceo della Energy and Environment Holding, ha contribuito a plasmare le scelte politiche e di investimento per aziende, governi, e organizzazioni sovranazionali come le Nazioni Unite e l'Unione Europea, è un fine conoscitore dei meccanismi diplomatico/politici sottostanti alle scelte energetiche, e da molti è stato definito un «ambasciatore non-ufficiale del dialogo» tra stati. Rileva Baroudi che, mentre negli ultimi anni diversi paesi del Medio Oriente hanno scoperto importanti giacimenti di petrolio e gas a poca distanza dalle proprie coste, sulla maggior parte dei confini marittimi della regione permane un'incertezza che minaccia di scoraggiare gli investimenti e ritardare lo sviluppo su più fronti, compresa la vendita all'asta di zone offshore per la produzione, e la costruzione di impianti di trattamento e condutture per l'esportazione di gas naturale verso l'Europa occidentale. Più conflitti, uguale meno energia (e meno benessere) per tutti: produttori/esportatori, importatori.
Per Baroudi essenziale è il ruolo dell'Onu, certo.
Ma l'effettiva attuazione di una diplomazia preventiva dipende dalle pratiche degli Stati membri e in particolare degli Usa, che «hanno il potere, la presenza e l'influenza necessari». «È quindi opportuno -ha concluso- che le potenze regionali mantengano gli Stati Uniti coinvolti nel processo di pace e sviluppo del Mediterraneo orientale».
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