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La galassia degli anti Bergoglio in cerca dell'erede di Caffarra

Il cardinale prima di morire propose cinque dubbi su famiglia ed etica: no alla comunione ai divorziati

La galassia degli anti Bergoglio in cerca dell'erede di Caffarra

Tra i cattolici più legati alla tradizione il lutto non è ancora stato elaborato. Un padre, un amico, un confessore, un maestro, un compagno di strada, un profeta: sono stati usati tanti modi per esprimere il vuoto lasciato dalla morte del cardinale Carlo Caffarra, ex arcivescovo di Bologna. Il porporato, 79 anni, era malato da tempo ma la sua scomparsa, il 6 settembre, è stata repentina. Nel grande pubblico la notizia non ha avuto molta eco, ma il cordoglio è stato larghissimo in quella che Marco Tosatti, vaticanista di lungo corso, chiama «resistenza alla neo Chiesa». Dolore per la perdita di un leader e timore di non trovarne un altro all'altezza. Ma Tosatti assicura: «La battaglia continua anche con il lutto al braccio». Dice proprio così, battaglia. Un'allusione bellica voluta.

Caffarra era stato uno dei collaboratori più stretti di Karol Wojtyla sui temi etici, cioè matrimonio, famiglia, aborto, contraccezione, eutanasia, fecondazione artificiale. Il papa santo lo aveva messo a capo del Pontificio istituto per gli studi su matrimonio e famiglia che portava proprio il nome di Giovanni Paolo II. Un centro la cui istituzione fu annunciata assieme a quella del dicastero vaticano per la famiglia in una data chiave per la storia della Chiesa: il 13 maggio 1981, giorno dell'attentato di Ali Agca. «Lo scontro finale tra il Signore e il regno di Satana sarà sulla famiglia e il matrimonio. Non abbia paura», scrisse a Caffarra suor Lucia, la veggente di Fatima più longeva. Wojtyla lo mandò arcivescovo prima a Ferrara e poi a Bologna, successore di un personaggio di grande spicco, Giacomo Biffi. La curia felsinea è sempre stata punto di riferimento per i vescovi italiani.

Ma Caffarra, con altri tre porporati (i tedeschi Joachim Meisner e Walter Brandmüller e lo statunitense Raymond Burke), un anno fa ha sfidato papa Francesco sottoponendogli cinque «dubia» a proposito dell'Amoris laetitia, l'esortazione apostolica sulla famiglia che, a certe condizioni, apre alla possibilità di riammettere ai sacramenti i divorziati risposati. E qualche mese dopo fu Caffarra in prima persona, anche se a nome degli altri tre, a chiedere udienza a Bergoglio che non aveva risposto ai «dubia». Anche in questo caso il Papa è rimasto in silenzio.

«Davanti a quanto sta succedendo la mia coscienza mi impedisce di tacere», diceva. E aggiungeva: «Solo un cieco può negare che nella Chiesa ci sia grande confusione». Con questa sovresposizione l'arcivescovo emerito di Bologna era diventato l'alfiere della galassia sempre più insofferente verso Bergoglio. La sua morte, sopraggiunta due mesi dopo quella di Meisner, ha dimezzato i firmatari dei «dubia». La contestazione a Casa Santa Marta potrebbe perdere vigore. Ci sarà un «nuovo Caffarra»? E chi sarà? Le opinioni non convergono, il che conferma quanto sia raro un profilo come quello dello scomparso. I nomi che circolano sono quelli di quattro porporati. Riccardo Cascioli, direttore del giornale online La nuova bussola quotidiana, non ha dubbi: «Il più vicino, per preparazione e personalità, è il cardinale guineano Robert Sarah, uomo di grande fede e grande schiettezza. Uno che dice parole chiare nel rispetto del Papa e dei confratelli. E cardinale di Curia, prefetto della Congregazione per il culto divino, quella che si occupa di liturgia, anche se non è che Bergoglio lo ascolti molto».

Francesco Agnoli, professore, scrittore, polemista, punta sui cardinali «dubiosi» superstiti: «Burke a 69 anni è il più giovane, ha esperienza curiale, è un canonista di vaglia, molto alla mano, e ama la Chiesa. Ma potrebbe alzarsi anche Brandmüller, una personalità che assomiglia a Caffarra, un uomo che ascolta e culturalmente ben attrezzato». Il teologo don Nicola Bux avanza invece il nome di Gerhard Ludwig Müller, 70 anni a dicembre, non confermato da papa Francesco alla guida dell'ex Sant'Uffizio: «Lui e Sarah hanno mantenuto la fiaccola accesa, ognuno per proprio conto». «Inevitabile che sia un cardinale spiega Tosatti uno che può rivolgersi al Papa come suo consigliere. Certo che Caffarra era davvero la mente teologica, il punto di riferimento di questo mondo».

Nessuno pensa che lo scontro con Francesco sia vicino a una composizione. Anzi, il solco si approfondisce a ogni mossa del Papa. Qualche giorno fa Bergoglio ha chiuso il Pontificio istituto Giovanni Paolo II per studi su matrimonio e famiglia, di cui Caffarra era stato primo preside, sostituendolo con il Pontificio istituto teologico Giovanni Paolo II per le scienze del matrimonio e della famiglia. Cambiano formalmente poche parole, ma nella sostanza, secondo gli antibergogliani, cambia tutto: organizzazione, programmi, docenti, finalità. Un «attacco all'eredità di Giovanni Paolo II», scrive Cascioli. Papa contro Papa. Fa notare Cascioli che «significativamente» la decisione di Francesco porta la data dell'8 settembre, due giorni dopo la scomparsa di Caffarra. Aggiunge Sandro Magister, vaticanista dell'«Espresso» esponente di punta di questo schieramento, che «i paladini della comunione ai divorziati risposati» non saranno più costretti «a limitarsi a pratiche della pastorale e della missione che riflettono modelli e forme del passato», ma avranno mano libera a rivoluzionare un pilastro della dottrina.

La famiglia come frontiera tra la vecchia Chiesa, quella autentica, e una nuova. «Un conto è aprire la Chiesa, un altro è scardinarla - dice Cascioli perché l'Amoris laetitia fa saltare tre sacramenti. Matrimonio, comunione, confessione. Tre su sette non mi pare poco». «Com'è possibile rompere la comunione della famiglia ma restare in comunione con Gesù? si chiede Agnoli -. Semplice: non si può. L'eucaristia è snaturata se concessa a chi è in peccato mortale. E anche la confessione è finta senza l'impegno a cambiare la condizione di peccato. Almeno ci fosse una pastorale per divorziati e separati, ma non c'è nulla, soltanto chiacchiere. Per curare davvero le ferite delle persone la Chiesa non fa nulla. Resta ancora qualche corso per fidanzati, peraltro semideserto, ma niente per gli altri. Intanto il principio sancito da Gesù in persona, non separi l'uomo ciò che Dio ha unito, vacilla. Con un risultato paradossale: non si sa se aumenta la gente che si confessa, mentre si sa che nelle giovani generazioni cresce una lacerazione profonda verso il matrimonio».

Tosatti rileva un'altra questione.

«Se posso ammettere ai sacramenti qualcuno che vive in una situazione irregolare per la Chiesa, cioè nel peccato, perché non lo devo consentire ad altri che sono irregolari per altre questioni? Perché il Papa è tenero con i divorziati e severissimo con i corrotti o gli inquinatori? Chi stabilisce chi può fare la comunione tra quanti non vivono in stato di grazia? Per duemila anni, almeno su queste cose di base non ci sono stati dubbi. Adesso sì».

(1. Continua)

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